Investire sulla Responsabilità Socialea cura di V.Dublino con la collaborazione di I. Simonelli & D. Varsalona Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Suor Orsola Benincasa Settimana di riflessioni: “Media, Cultura & Società: promuovere valori culturali e spirituali nella Società dell’Informazione” Definizione Per Responsabilità Sociale d'Impresa, “RSI”, (o Corporate Social Responsibility, CSR) si intende l'integrazione di preoccupazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa: è una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d'impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività. “In un tempo in cui il settore finanziario e commerciale sta prendendo sempre più coscienza del bisogno di solide pratiche etiche, che assicurino che l'attività imprenditoriale rimanga sensibile alla sua dimensione fondamentalmente umana e sociale. Poiché la ricerca del profitto non è l'unico fine di tale attività, il Vangelo sfida gli imprenditori e le imprenditrici a esprimere rispetto sia per la dignità sia per la creatività dei loro dipendenti e dei loro clienti, nonché per le esigenze del bene comune. A livello personale, essi sono chiamati a sviluppare virtù importanti come «la diligenza, la laboriosità, la prudenza nell'assumere i ragionevoli rischi, l'affidabilità e la fedeltà nei rapporti interpersonali, la fortezza nell'esecuzione di decisioni difficili e dolorose» (Centesimus annus, n. 32). In un mondo tentato da visioni consumistiche e materialiste, gli imprenditori sono chiamati ad affermare la priorità dell'«essere» sull'«avere»”[1]. [1] Papa Giovanni Paolo II, Conferenza su «L'imprenditore: responsabilità sociale e globalizzazione», Dal Vaticano, 3 marzo 2004. La Responsabilità Sociale d’Impresa può essere considerata come un valore aggiunto per il profitto delle aziende e per il benessere della società? Introduzione Negli ultimi anni abbiamo assistito all’evoluzione del concetto di “servizio pubblico” da una prospettiva soggettiva (in cui il servizio è considerato tale in quanto l’ente che lo elargisce è pubblico) ad una oggettiva che si focalizza sul tipo di servizio al di là del soggetto che lo fornisce [1]. Ciò è sancito a livello giuridico dall’articolo 41, comma 3 della Costituzione italiana che afferma: “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. La dimensione sociale quindi non è più solo prerogativa dello Stato e delle sue istituzioni, ma anche degli enti privati come imprese e associazioni [2]. E’ proprio per questo che si può parlare di una Responsabilità Sociale d’Impresa. Oltre a ciò bisogna considerare come la globalizzazione, l’integrazione dei mercati e le nuove tecnologie abbiano cambiato in modo significativo il modo di fare impresa: ormai, come acutamente afferma Zygmunt Bauman “il n’y a pas hors du monde…non esiste nessun luogo esterno, nessuna via di fuga o posto dove ripararsi, nessuno spazio alternativo dove isolarsi e nascondersi. Nessun posto in cui uno possa affermare con un qualche grado di certezza di trovarsi chez soi, libero di fare ciò che vuole, di perseguire i propri obiettivi e considerare tutto il resto irrilevante” [3]. E’ proprio partendo da questa constatazione che nasce l’esigenza di un nuovo approccio all’agire da parte dell’impresa, un agire che deve tenere conto degli interessi di tutti i suoi interlocutori (stakeholder) e delle ripercussioni di tipo sociale e ambientale che può avere nel medio-lungo termine. In questo contesto si sviluppa il pensiero di un agire socialmente responsabile. Un diverso approccio al modo stesso di fare impresa implica, però, non solo un cambiamento nelle decisioni strategico-economiche, ma anche una trasformazione di quella che è la stessa cultura organizzativa dell’azienda, che assume nuovi valori e punti di riferimento e adotta diverse strategie di comunicazione sia verso l’interno sia verso l’esterno. Utilizzando il linguaggio della psicologia organizzativa di Weick [4] potremmo affermare che l’azienda, trovandosi davanti all’esigenza di dare un senso alla realtà che sta cambiando, inizia a produrre nuove mappe cognitive grazie alle quali definisce la sua vision e la sua mission. Ne consegue che l’introduzione di approcci socialmente responsabili all’interno di un’azienda dà un impulso alla creazione di una cultura organizzativa imperniata su nuovi valori. Tra i fattori che hanno maggiormente contribuito ad innescare il dibattito su questi temi vi sono:
1. Per una cultura della responsabilità Strumenti e pratiche di responsabilità sociale sono oggi molto di moda. Spesso, tuttavia, l’agire sociale risulta “schiacciato” sul mero rispetto degli obblighi di legge o su logiche promozionali e opportunistiche. In questo contesto il ruolo dell’ente pubblico appare cruciale in qualità di promotore di una “sana” cultura della responsabilità e di garante delle regole del gioco. Il dibattito recente pone sempre più attenzione al ruolo dell’impresa, non solo come attore economico all’interno della società ma, più in generale, come “istituzione sociale”. Obiettivo primario dell’impresa sta diventando sempre più la capacità di creare valore, remunerando in modo adeguato i fattori della produzione e introducendo nel mercato beni e servizi competitivi e che migliorino la qualità della vita. Le imprese, dunque, non sono più giudicate solo per la loro performance economica, ma anche per il modo in cui il risultato economico è stato perseguito, sia in termini di qualità dei prodotti e servizi offerti, sia in termini di correttezza e trasparenza dei comportamenti agiti nei confronti dei propri interlocutori pubblici e privati [5]. La stessa Unione europea, a partire dal Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000), ha in più occasioni lanciato appelli alle imprese perché perseguano il duplice obiettivo della competitività e della coesione sociale. Ma che cosa significa per l’impresa essere socialmente responsabile? Anche in considerazione della varietà di discipline che si sono interessate e si interessano al tema della social responsibility, le definizioni sono molteplici, ma a oggi non si è arrivati a una formulazione unanimemente condivisa. Spesso il concetto di Responsabilità sociale d’impresa (o Corporate social responsibility, Csr) viene utilizzato con accezioni diverse, diventando una sorta di “contenitore” in cui vengono fatti rientrare approcci, iniziative e pratiche diversificate [6]. Tra le numerose definizioni, quella più conosciuta e accreditata è, crediamo, quella che ne dà il Libro Verde della Commissione Europea (2001) [7], secondo cui la responsabilità sociale d’impresa è: “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro attività e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder). Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là, investendo ‘di più’ nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”. Da questa definizione è possibile far discendere almeno tre elementi caratterizzanti la Rsi [8]:
Tuttavia, la mancanza di una cultura diffusa su questi temi, da parte sia della comunità sia delle stesse imprese in merito alle opportunità e agli strumenti agibili, viene unanimemente considerata come il principale fattore inibente l’adozione di pratiche effettivamente responsabili. Oltre a questo, le imprese evidenziano anche altri fattori di contesto potenzialmente di ostacolo allo sviluppo della Rsi quali, ad esempio, la carenza di risorse economiche, la carenza di competenze tecniche e di risorse umane da destinare a tale funzione e lo scarso interesse dei consumatori finali nei confronti di queste azioni. Ecco allora che in questo quadro il ruolo dell’ente pubblico appare cruciale in qualità di promotore di una cultura della Rsi e di garante delle regole del gioco [9]. Innanzitutto, le istituzioni dovrebbero agire un ruolo regolativo e di tutela, assicurando il rispetto dei diritti umani e degli standard lavorativi e garantendo “sani” livelli di competitività del mercato che disincentivino, a monte, comportamenti socialmente irresponsabili. Ma le amministrazioni pubbliche dovrebbero anche svolgere un’azione di sensibilizzazione sul tema attraverso la promozione della conoscenza e delle potenzialità della responsabilità sociale, anche attraverso la valorizzazione delle esperienze più significative a oggi esistenti [10]. A livello locale, l’ente pubblico dovrebbe promuovere la raccolta, l’elaborazione, e la divulgazione di dati e informazioni utili alla conoscenza degli strumenti e delle pratiche di social responsibility agite sul territorio, anche per finalizzare al meglio la programmazione territoriale delle politiche e dei servizi rivolti alle imprese. La realizzazione di studi e ricerche mirate all’approfondimento di situazioni locali, quali quelle descritte nel presente numero, rappresentano sicuramente un primo passo in tal senso. A livello provinciale e/o regionale, la costituzione di Osservatori sulle pratiche di sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa crediamo possa rappresentare l’opportunità di valorizzare e sistematizzare al meglio le conoscenze ed esperienze territoriali su questi temi. Ma l’Osservatorio non deve essere inteso solo come “struttura tecnica”, cioè come collettore e divulgatore di dati e informazioni sulla responsabilità sociale, ma anche e soprattutto come luogo (fisico o virtuale) di pensiero e di confronto tra attori sociali, siano essi istituzioni, imprese e comunità locale, mirante allo sviluppo di nuove iniziative e nuovi piani di azione integrati sui temi dello sviluppo sociale sostenibile [11]. 2. Responsabilità Sociale d'Impresa, “RSI” Per Responsabilità Sociale d'Impresa, “RSI”, (o Corporate Social Responsibility, CSR) si intende l'integrazione di preoccupazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa: è una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d'impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività. La prima proposta risale a Bowen che nel 1953 definisce la Responsabilità Sociale d’Impresa come “il dovere degli uomini d’affari di perseguire quelle politiche, di prendere quelle decisioni, di seguire quelle linee di azione che sono desiderabili in funzione degli obiettivi e dei valori riconosciuti dalla società” [12]. Numerose altre versioni si sono aggiunte nel corso degli anni, ricordiamo qui solo quelle più significative e diffuse. A livello europeo si associa la RSI “all’integrazione su base volontaria dei problemi sociali ed ambientali delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti” [13] secondo la definizione presentata nel Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” dalla Commissione delle Comunità Europea nel luglio 2001. Questa definizione mette in luce le caratteristiche pregnanti della CSR, ovvero:
Un’altra formula utilizzata e condivisa da molti è quella del World Business Council for Sustainable Development che definisce la RSI come il continuo impegno dell’azienda a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti, delle loro famiglie, della comunità locale e più in generale della società” [14]. Anche in questo caso si evidenzia in modo chiaro quello che è l’oggetto della RSI: l’impatto dell’operare dell’azienda nella realtà sociale e ambientale con cui esiste un rapporto di interdipendenza imprescindibile. Un ulteriore aspetto della CSR. Messo in luce da John L. Campbell in un suo articolo apparso sulla rivista “American Behavioral Scientist”[15] sostiene che le due condizioni fondamentali per poter affermare che un’azienda ha un comportamento socialmente responsabile sono la consapevolezza di non recare danno agli stakeholder (“they must not knowingly do anything that could harm their stakeholders” [16]) e, nel caso dovessero arrecare un danno inconsapevolmente, la modifica della condotta sbagliata non appena questa venga scoperta e portata alla sua attenzione. La definizione di Campbell dà un’impostazione più critica al tema della responsabilità sociale, in quanto prende in considerazione anche un concetto largamente ignorato nelle definizioni convenzionali: quello di irresponsabilità sociale. Ecco perché un’azienda molto impegnata sul fronte della tutela ambientale o dei servizi verso la comunità locale che però persegue politiche discriminatorie per l’assunzione verrebbe considerata socialmente responsabile secondo le definizioni “tradizionali”, ma non da quella proposta da questo autore. Le considerazioni fatte sinora ci introducono alla complessità del discorso sulla CSR, un mondo ancora in piena espansione ed evoluzione che, proprio per questo, oltre agli aspetti positivi e innovativi, presenta numerose contraddizioni e lacune. Ricordando una frase di Davide Cefis, Direttore Comunicazione di Banca Nazionale del Lavoro (BNL) che sembra riassumere bene la prospettiva in cui la CSR andrebbe intesa: “la Responsabilità Sociale d’Impresa rappresenta sempre più il paradigma con cui un’azienda si relaziona con il mondo esterno, comunica la propria identità e cultura. E’ una risorsa che fa crescere l’impresa, ma che richiede attenzione e cura costante affinché porti benefici tangibili” [17]. Si tratta di un concetto innovativo e molto discusso, espresso anche nel 1984 da Robert Edward Freeman nel suo saggio "Strategic Management: a Stakeholder Approach" (Pitman, London 1984). Ma già nel 1968, in "Strutture integrate nel sistema distributivo italiano", l'economista italiano Giancarlo Pallavicini afferma che l' attività d' impresa, pur mirando al profitto, deve tenere esplicitamente presenti una serie di istanze interne ed esterne all' impresa, anche di natura socio-economica, per la misurazione delle quali viene proposto il "metodo della scomposizione dei parametri” [18]. Un'impresa che adotti un comportamento socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali, sociali di tutti i portatori di interesse (stakeholders) coglie anche l'obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e massimizzare gli utili di lungo periodo. Risulta pertanto evidente come l’impegno “etico” di un’impresa sia entrato direttamente nella cosiddetta catena del valore prospettando così l’utilizzo di nuovi percorsi e leve competitive coerenti con uno “sviluppo sostenibile” per la collettività. All’interno del mercato globale e locale, le imprese non hanno, infatti, un’esistenza a sé stante, ma sono enti che vivono e agiscono in un tessuto sociale che comprende vari soggetti, tra cui spicca sicuramente una società civile molto attenta all’operato imprenditoriale. E’, quindi, di fondamentale importanza l’attività dedicata al mantenimento delle relazioni con l’esterno, verso i cosiddetti stakeholders (soggetti interessati, per es. organizzazioni non governative, sindacati, mass-media ecc.). Nei sistemi di gestione aziendale, l’attenzione agli stakeholders è divenuta di importanza cruciale per le imprese e spesso lo sviluppo nel tempo di relazioni positive con tali soggetti può diventare un elemento di valore aggiunto per l’impresa. Ma il comportamento più o meno etico di un’impresa interessa potenzialmente tutti i cittadini, ai quali non bastano astratte dichiarazioni di principi e valori: essi esigono ormai un impegno quotidiano e credibile, frutto di una precisa politica manageriale e di un sistema aziendale organizzato a tal fine [19]. 3. Come si traduce in pratica il concetto di Responsabilità Sociale delle Imprese Il concetto di Responsabilità Sociale delle Imprese prevede l’integrazione di istanze sociali e ambientali nella prassi aziendali. Quando ci si trova ad affrontare tali tematiche per la prima volta, è meglio procedere per gradi, concentrandosi su uno o più temi rilevanti per l’azienda e che si ritengono realizzabili nel breve periodo. Non si dovrebbe dimenticare inoltre di comunicare all’esterno cosa si sta facendo [20]. L’azienda potrebbe ad esempio investire nelle risorse umane, offrendo la possibilità di partecipare a corsi di formazione dei cui risultati potranno beneficiare sia lavoratori, sia l’azienda stessa. Oppure potrebbe introdurre assetti che tutelino i lavoratori, ad esempio come ha fatto l’impresa slovena produttrice di letti Meblo Jogi. Questa impresa ha capito che comunicare alle risorse umane quanto il lavoro che svolgono sia importante e ascoltare le loro esigenze può essere una fonte di successo per l’azienda. I passi compiuti da Meblo Jogi hanno contribuito a migliorare il livello di fedeltà del personale e tale azienda è stata insignita di uno speciale premio per l’impegno a favore delle donne. Un’impresa potrebbe inoltre sostenere una buona causa e incoraggiare le risorse umane a svolgere del volontariato per la comunità. L’impegno che l’azienda inglese Hanley Economical Building Society dimostra concretamente come sponsorizzare e partecipare a progetti della comunità locale rappresenti un completamento vitale per gli obiettivi dell’azienda stessa. Il chiaro nesso che la Hanley nota fra redditività aziendale e benessere della comunità locale dovrebbe essere d’esempio ad altre realtà imprenditoriali. Oltre alla gestione interna, un’impresa dovrebbe valutare la gestione dei rapporti con il territorio, la comunità locale e le istituzioni pubbliche. Le piccole imprese si dimostrano spesso abili nel gestire queste relazioni, dal momento che esse stesse sono parte integrante e visibile della comunità in cui operano. Il potere del coinvolgimento sociale e dell’importanza di costruire relazioni viene illustrato nel case study su Koffie Kàn, un’impresa belga che si occupa di torrefazione del caffé, il cui staff è formato da tre persone. Koffie Kàn si è impegnata sul territorio partecipando attivamente alla vita della comunità, cosa che ha contribuito notevolmente alla riuscita economica dell’azienda. Le imprese potrebbero inoltre impegnarsi sul fronte della tutela ambientale [21]. L’ottimizzazione energetica, la prevenzione dell’inquinamento, la minimizzazione dei rifiuti e il riciclaggio possono portare a riduzioni dei costi e favorire quindi la vitalità economica di un’impresa. Tali iniziative possono migliorare inoltre i rapporti con la comunità, gli enti di controllo e altre istituzioni. Possono anche far nascere nuove opportunità commerciali, con clienti che siano alla ricerca di fornitori ‘verdi’. Varie attività testimoniano l’impegno dell’azienda a ridurre il volume degli imballaggi e ad aumentare la parte riciclata. Nei primi anni ’90 , in quasi tutto il mondo, la McDonald’s ha sostituito i vecchi sacchetti d’asporto fabbricati con cellulosa vergine decolorata con nuovi sacchetti di carta riciclata e non decolorata. Nello stesso periodo, l’azienda ha acquistato prodotti fabbricati con materiale di riciclo,prodotti dall’azienda campana SEDA s.p.a. di proprietà della famiglia D’Amato, da usare nella costruzione e nell’operatività dei suoi ristoranti di tutto il mondo, per oltre 4 miliardi di dollari, per controbilanciare un maggiore impatto ambientale, ottenendo tra l’altro notevoli e concreti benefici commerciali di fidelizzazione e soddisfazione dei clienti. Non è necessario affrontare tutte queste tematiche contemporaneamente. Stabilendo delle priorità e concentrando gli sforzi sulle iniziative più affini agli scopi dell’azienda si raggiungeranno sicuramente risultati migliori. Si possono poi intraprendere ulteriori iniziative, dopo aver riscontrato i benefici tangibili derivanti dalle prime. Per un’impresa potrebbe essere interessante anche collaborare con organizzazioni o altre realtà aziendali e promuovere strategie di gestione aziendale socialmente responsabile. Si potrebbe partecipare ad esempio a programmi promossi dal Governo o dagli Enti Locali, o, ancora, aderire ad associazioni imprenditoriali particolarmente interessate al tema della responsabilità sociale delle imprese. Si potrebbe anche portare avanti uno specifico progetto di RSI insieme ad un’altra impresa, magari quella di un proprio fornitore [22]. Nella maggior parte dei casi, stabilire collaborazioni del genere non costa nulla ad un’impresa. E qualora ciò comportasse dei lievi costi, con un’attenta individuazione e gestione dell’investimento scelto ci si potrebbe garantire un ampio ritorno in termini di notorietà, soddisfazione delle risorse umane, miglioramento della reputazione dell’impresa e accesso a nuovi mercati [23]. 4. Il caso italiano di Ferrarelle: “L’acqua che fa del bene” Ferrarelle Spa si è impegnata in un importante progetto dell’Unicef “Acqua e igiene in Eritrea” e porterà l’acqua potabile in 30 scuole del paese africano. Il progetto “Acqua e igiene in Eritrea” ha come obiettivo quello di migliorare le condizioni igienico sanitarie in 30 scuole a beneficio di circa 9.000 bambini e bambine. Le scuole saranno attrezzate con un sistema idrico in grado di soddisfare le esigenze dei bambini durante la giornata e grazie all’installazione di un serbatoio d’acqua di 4,5 metri cubi sarà possibile raccogliere anche l’acqua piovana. L’impianto idrico assicurerà l’approvvigionamento d’acqua pulita anche negli anni a venire e la sua manutenzione sarà affidata alle scuole stesse con la supervisione di un comitato locale. La realizzazione del sistema idrico ha anche una rilevanza socio-culturale. In Eritrea, infatti, sono sopratutto le bambine a dover prendere l’acqua alle fonti per tutta la famiglia, fonti che sono spesso molto lontane e non sempre alimentate da acque potabili. Inoltre, nelle scuole dove manca l’acqua, le bambine non hanno la possibilità di accedere a servizi igienici separati dai loro compagni maschi. Questo, in aggiunta ai continui viaggi per la raccolta d’acqua, sono le cause principali dell’abbandono della scuola da parte delle bambine. Assicurando l’accesso continuo all’acqua, il progetto non solo porterà l’acqua dove non c’è, ma potrà anche dare la possibilità a migliaia di bambini e bambine di frequentare la scuola, favorendo, al contempo, la crescita futura del paese. Il progetto prevede la destinazione di più del 10% del ricavato delle vendite delle confezioni da 6 di Ferrarelle litro e mezzo identificate dalla grafica legata all’operazione “L’Acqua che fa del Bene”. L’impegno economico di Ferrarelle Spa è di circa 350.000 Euro, che saranno destinati alla realizzazione dei pozzi e delle opere di idrizzazione che forniranno l’acqua alle 30 scuole eritree che pone come traguardo per il 2015 il dimezzamento nel numero di persone che ancora non hanno accesso all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati, nonché la realizzazione di infrastrutture igieniche in tutte le scuole del mondo. Questo progetto è un intervento strutturale che resterà alla popolazione per sempre. Lo spirito dell’iniziativa è rivolto non solo alla popolazione eritrea, ma anche ai consumatori stessi, che contribuiscono al progetto semplicemente continuando a scegliere, Ferrarelle [24]. 5. Sintesi conclusiva Per diventare socialmente responsabile, l'azienda introduce pratiche discrezionali ed effettua investimenti intesi a migliorare il benessere della comunità e a proteggere l'ambiente. Le principali differenze tra l'adozione di pratiche di business socialmente responsabili e altre iniziative benefiche includono la focalizzazione sulle attività discrezionali: l'interpretazione in senso lato del termine comunità; un'accezione più ampia dei concetti di salute e sicurezza, che ricomprende i bisogni psicologici ed emotivi. Nell'ultimo decennio c'è stato un evidente spostamento dall'adozione di pratiche di business più responsabili per effetto di vincoli normativi, lamentele dei clienti e pressioni dei gruppi di interesse, alla ricerca proattiva di soluzioni aziendali ai problemi sociali e all'incorporazione di nuove pratiche di business a supporto di tali problemi. A questo spostamento contribuiscono diversi fattori: la consapevolezza che delle pratiche di business socialmente responsabili possono effettivamente incrementare i profitti; lo sviluppo di un mercato globale, caratterizzato da una competizione più intensa e da più alternative per i consumatori; il desiderio di accrescere la produttività e il tasso di ritenzione dei lavoratori; la maggiore visibilità delle attività socialmente responsabili (o irresponsabili) delle imprese. Quasi tutte le iniziative di questo tipo comportano la modifica di politiche o procedure interne, il reporting esterno di informazioni sui consumatori e sugli investitori, misure per favorire l'accesso e tutelare la privacy dei consumatori, e decisioni relative ai fornitori e alla localizzazione delle unità produttive e commerciali. I conseguenti benefici finanziari derivano dalla riduzione dei costi operativi, dalla percezione di incentivi finanziari messi a disposizione dagli enti regolatori e dall'incremento della produttività e del tasso di ritenzione dei dipendenti. Anche i benefici di marketing sono numerosi: più apprezzamento da parte della comunità, creazione di una preferenza per la marca, consolidamento del posizionamento di marca, miglioramento qualitativo dei prodotti, e rafforzamento dell'immagine aziendale. Queste attività consentono anche di costruire relazioni positive con partner esterni come enti regolatori, fornitori e organizzazioni non profit. Gli esperti ricordano che le motivazioni addotte dalle aziende per l'adozione di pratiche di business nuove e più responsabili verranno messe in dubbio, le loro azioni verranno giudicate, e i risultati verranno valutati criticamente. I manager aziendali possono attenuare lo scetticismo e il criticismo degli osservatori esterni agendo in un'ottica di prevenzione; scegliendo una problematica sociale che risponde a un'esigenza di business, oltre che a un bisogno sociale; prendendo un impegno di lungo termine; promuovendo l'entusiasmo dei dipendenti; sviluppando e implementando infrastrutture a sostegno della promessa e attivando comunicazioni aperte, sincere e oneste. Le decisioni principali in tema di adattamento e implementazione di pratiche socialmente responsabili si focalizzeranno sulla scelta della problematica sociale che verrà sostenuta dall'iniziativa; sullo sviluppo di piani strategici integrati per l'implementazione e sulla fissazione di obiettivi misurabili e di piani per la rilevazione e il reporting dei risultati [25]. Reference |
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Luglio 2015
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