Ma cos'è l'Arte? Uno spunto di riflessione |
COSA OSTACOLA IL PROCESSO DI GUARIGIONE? L'ostacolo primario per il nostro guaritore interno è il cervello razionale. L’IO, ovverosia le convinzioni, gli schemi mentali e la cerebralità, il ruminìo mentale, il modo di pensare, i falsi obiettivi e/o progetti che ci imponiamo, le credenze e il modo di agire nella realtà ci orientano verso un’operatività rigida, legata a contingenze quotidiane. |
Ciò promuove un disallineamento tra i due cervelli, generando uno stato di caos e disarmonia del biochimismo corporeo. Un IO che è incapace di accogliere le sensazioni ed i bisogni reali. Il prevalere del cervello razionale sul limbico crea le condizioni per l’instaurarsi di un assetto neurochimico tipico dell’ansia o degli attacchi di panico.
Quante depressioni, attacchi di panico o stati ansiogeni potrebbero trovare soluzione se soltanto ci si orientasse all’ascolto dei propri bisogni. Queste comuni manifestazioni psicosomatiche, sono supportate da un’iperattività del sistema nervoso autonomo, in particolare dalla sezione simpatico. Non solo ansia e attacchi di panico! Stress, forte autocontrollo, producono le stesse molecole le quali indeboliscono il nostro sistema salute. Cortisolo, (l’ormone dello stress) adrenalina, radicali liberi sono le molecole responsabili, quando prodotte in eccesso e per molto tempo, dell’ indebolimento del sistema immunitario, cardiovascolare, gastrointestinale. Esse provocano tra l’altro, una riduzione dei globuli bianchi ed anche l’innalzamento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, predisponendo l’uomo ad un aumentato rischio di incappare in frequenti malattie (virali, batteriche)e di innalzare i fattori di rischio di ictus o infarto del miocardio. E’ possibile allontanarsi da questi pericoli, attraverso la “riprogrammazione” della propria attività mentale: essere in sintonia con i propri bisogni e quindi con se stessi, essere liberi di esprimere emozioni, ridere, meditare, vivere una sessualità appagante, coltivare interessi e passioni, essere creativi, dedicarsi allo sport preferito favoriscono la salute, promuovono la crescita dell’autostima del buonumore, dell’empatia. Tre condizioni che il nostro cervello plastico adora e che gli fanno produrre le sostanze della felicità e della salute: endorfine, serotonina, dopamina, citochine, linfochine.
(*) Dott.Nicoletta Brusciani: fisioterapista, Osteopata, medico ayuverdico, Master REIKI Coach
ARTS AS NEURO-COGNITIVE EXPERIENCE
a cura di Vittorio Dublino
a cura di Vittorio Dublino
Nel 2010 a Bruxelles alla Royal Flemish Academy of Belgium for Science and the Arts , si è tenuta una importante conferenza sul tema “Arte e Percezione”. Nel corso della conferenza è emerso che la chiave di successo per lo studio della percezione dell'arte e dell'estetica sta nell’approccio interdisciplinare e nel confronto aperto per la discussione dei diversi punti di vista che intercorrono tra artisti e scienziati, tra gli studiosi di diverse discipline ( i.e. psicologia e storia dell'arte), nella definizione degli approcci alla ricerca (teorico, fenomenologico, empirico) ed in quale campo scientifico in particolare (psico-fisico, neuroscienze, ecc.). Lo scienziato Son Preminger, afferma in suo articolo, “la convinzione generale che si sta facendo strada è che l’Arte è un medium che induce esperienze. Le esperienze artistiche sono un veicolo per trasmettere significati, un modo per offrire motivo di benessere o mezzi di auto-espressione e di comunicazione.” “Ogni opera d'arte induce un’esperienza mentale nell'osservatore, nel partecipante o nello sperimentatore. È’ stato dimostrato che contemplare un'opera d'arte innesca processi percettivi: le arti plastiche innescano processi visivi di basso livello come l'orientamento e il rilevamento dei bordi, così come i processi di livello superiore, come ad esempio il riconoscimento di oggetti e la sua separazione dallo sfondo. Un'esperienza artistica coinvolgerebbe processi cognitivi aggiuntivi come le funzioni esecutive, la memoria, l'emozione, e altri processi cognitivi di alto livello. L'impegno di funzioni esecutive come la memoria di lavoro e l’attenzione, sono le basi di molte esperienze artistiche. Processi intrinseci come la memoria autobiografica, le emozioni e la Teorie sulla Mente possono essere guidati da elementi percettivi e dotare di significati e fornire l'essenza concettuale do un’opera d'arte. Quali combinazioni specifiche di funzioni cognitive siano impegnate dall’osservazione di un’opera d'arte dipendono dalla forma d'arte, dalla particolarità dell’Opera e dall’Esperienza dell'Osservatore. Ad esempio, le forme d'arte classiche come le arti plastiche, la musica e i film, guidano verso la sola esperienza mentale di tipo artistico; mentre le arti interattive, come ad esempio le installazioni interattive o i videogiochi coinvolgono anche le funzioni motorie (cinestesiche) e di controllo comportamentale come parte dell'esperienza indotta. A livello neurobiologico, le esperienze mentali si manifestano con l’attivazione delle corrispondenti reti neurali le cortecce visive e uditive, le reti dell’attenzione e della memoria, le regioni del cervello emotivo, le regioni frontali del cervello, in combinazione tra loro.” “È emerso come gli utenti possano percepire l’arte e l’estetica da un punto di vista psicologico e neuropsicologico e come questa visione possa cambiare lo stesso concetto di arte. Scopo di questa interazione eterogenea è quello di sviluppare abilità critiche, nuove e trasversali, e autogestione didattica, includendo livelli comunicativi virtuali modulati dalla semplice attività cerebrale e dall’attivazione attenzionale del soggetto, potenziando inoltre i livelli di motivazione dell’utente. Questo costrutto si fonda sulle teorie della Embodied Cognition, legata a recenti ricerche nel campo delle scienze cognitive, dei sistemi dinamici, dell’intelligenza artificiale, della robotica e della neurobiologia. Per la embodied cognition l’apprendimento multipercettivo permette di valutare come il sistema motorio e percettivo influenzi la cognizione e potenzi capacità e connettività cerebrali: il corpo modula i processi di apprendimento e aumenta le capacità attenzionali e motivazionali. In un classico contesto di didattica museale il corpo è parzialmente inattivo perché l’utente deve ‘vedere’ senza avere la possibilità di visionare fisicamente lo stimolo. I livelli che vengono attivati in un visitatore museale, in situazioni di elevata ‘competence’ dell’oggetto percepito, sono livelli simbolici e affettivi. In situazioni di elevata competenza artistica, si può presentare, davanti alla visione dello stimolo reale, oggetto di osservazione, uno scompenso affettivo ed emozionale, dovuto alla semplice interazione visiva con l’oggetto. Si tratta, in questo caso, di far parte di un ‘insieme’ gestaltiano5 di relazione con una sorta di oggetto transizionale immaginato di cui, in una situazione museale o legata ai beni culturali, si può avere un’esperienza diretta. Questa sindrome è chiamata Sindrome di Stendhal o sindrome da “hyperkulturemia”. Sintomi simili possono essere elicitati da esperienze culturali estreme, specialmente se vissuti a lungo e rappresentati da esperienze significative per il soggetto, anche a livello religioso, ad esempio nella Jerusalem syndrome che si presenta in siti storici o religiosi”. | In 2010, in the Royal Flemish Academy of Belgium for Science and Arts, Bruxelles, a very important conference on the theme “Arts and Perception” was held. During the conference, the concept that the key to success in the study of perception of arts and aesthetics can be found in the cross-disciplinary approach and in the open confrontation for the discussion of the different points of view among artists and scientists, among the professionals of the various disciplines (e.g. psychology and art history), in the definition of the approaches to research (theoretical, phenomenological, empirical) and in which specific scientific field (psychophysical, neurosciences, etc.) emerged. The scientist Son Preminger states in his article: “the general belief which is gaining its way is that in Arts it is a medium which induces experiences. Artistic experiences are a vehicle to transmit meaning, a way to offer wellness and means of self-expression and communication”. “Each artwork induces a mental experience in the observer, in the participant or in the experimenter. It has been demonstrated that the contemplation of an artwork triggers perceptive processes: plastic arts generate low-level visual processes as orientation and the bearing of borders and corners, and also superior level processes, for example the recognition of objects and their separation from the background. An artistic experience would involve additional cognitive processes such as the executive functions, memory, emotions, and other high end cognitive processes. The usage of executive functions such as work memory and attention are the bases of many artistic experiences. Intrinsic processes such as autobiographical memory, emotions and the Theories of Mind can be driven by perceptive elements and supply meaning and conceptual essence to an artwork. The specific combinations of cognitive functions to use in the observation of artworks depend on the form of art itself, from the peculiarities of the piece and from the experience of the observer. For example, the classical art forms such as plastic arts, music and movies, drive towards the unique artistic mental experience; while interactive arts, such as interactive installations or video games, also involve moving (kinesthetic) and behavioral functions as part of the induced experience. Neurobiologically, mental experiences are shown through the activation of the matching neural networks and visual/auditory cortices, the networks of attention and memory, the cerebral regions of emotion, the frontal regions of the brain, combinating mutually” “We have seen how the users can percept arts and aesthetics from a psychological and neural point of view and how this vision can change the concept of arts itself. The aim of the heterogeneous interaction is to develop new and crosswise critical abilities, and didactic self-management, including virtual communicational levels modulated by the simple cerebral activity and the attention triggering of the subject, also enhancing the levels of motivation of the user. This construct is based on the theories of the Embodied Cognition, connected to the recent researches in the field of cognitive sciences, of dynamic systems, of AIs, of robotics and neurobiology. For the embodied cognition, multi perceptive learning allows to estimate how the motor and perceptive system influences the cognition and enhances mental capacities and connectivity: the body modulates the learning processes and enlarges the attention and motivational capacities. In a traditional context of museum didactics, the body is partially inactive because the user has to “see” without having the possibility of trying physically the stimula. The levels which are activated in a museum visitor, in situations of high end “competence” of the perceived object, are symbolic and affective. In situations of high artistic knowledge, we can see, in front of the real stimulation, an affective and emotional decompensation, caused by the simple visual interaction. In this case, it comes to being part of a relational gestalt ‘ensemble’ with a sort of transition object of which, in a museum (or cultural heritage) situation, there can be a direct experience. This syndrome is called Stendhal Syndrome of ‘hyperkulturemia” syndrome. Similar symptoms can be elicited by extreme cultural experiences, especially if lived over a long period of time and represented by significant experiences for the subject, even on a religious base, for example the Jerusalem Syndrome which can be observed in historical or religious sites”. |
References:
CREATIVE TECHNOLOGIES, CYBERPSYCHOLOGY & WELLNESS
a cura di Vittorio Dublino
a cura di Vittorio Dublino
<<Future programmers can keep developing PCs which ignore emotions, or can take on the risk of creating machines which recognize emotions, express them, and maybe try them, at least in the ways in which emotions can help in the intelligent interaction and in decision making processes>>
[Picard, 2003]
Negli ultimi anni si cerca di indagare e comprendere il funzionamento del Sistema Uomo con un approccio olistico che ha generato la definizione del modello Bio-Psico-Sociale in sostituzione del vecchio modello riduzionista, cosiddetto Biomedico. In questo nuovo paradigma si inserisce la ricerca applicata vocata alla prevenzione e/o il trattamento di alcune patologie dovute agli stati di ansia e di stress come anche tese a contrastare alcune forme di fobie fino ad arrivare alla sperimentazione di tecniche e tecnologie tese a contrastare il Declino Cognitivo negli anziani, rallentare gli effetti dell’Alzheimer oppure contribuire ad agevolare i processi che regolano l’attenzione e l’autostima negli individui affetti da Autismo. La ricerca sulle tecnologie per sostenere la salute mentale e il benessere emotivo sta assumendo sempre maggiore interesse allo scopo di definire metodologie efficaci ed efficienti per il designing di piattaforme tecnologiche per la salute mentale (Mental Health and Emotional Well-Being) in grado di influire sulle funzioni cognitive tra cui la memoria umana e la reminiscenza, la social connectedness, i processi comportamentali, i sistemi di riflessione e la manipolazione emotiva. All’ultimo congresso “Cyber 18 – Where Healthcare & Technology connect” , le tematiche trattate per quanto concerne le attuali applicazioni in CyberPsichology. Una in particolare rientra nella nostra sfera d’interesse: la prevenzione ed il trattamento dell’Ansia. Le cause dei disturbi dovuti all’Ansia (*) sono i più disparati. Molte persone provano sentimenti di ansia prima di un evento importante: come un esame importante, una presentazione aziendale o un primo appuntamento. I disturbi dovuti all’Ansia sono malattie che affliggono la vita delle persone con sintomi d’oppressione e di paura con manifestazioni che da acute possono diventare croniche, incessanti, potendo crescere progressivamente, peggiorando. Tormentati da attacchi di panico, pensieri ossessivi, flashback di eventi traumatici, incubi, o innumerevoli sintomi fisici spaventose, alcune persone con disturbi d'ansia diventano addirittura costretti a casa. La Scienza sta arrivando a dimostrare l’efficacia dell’uso delle Tecnologie Emotive nel trattamento di questi disturbi alleviandone i sintomi, attraverso l’induzione di stati emozionali positivi. [1] [2] [*] Solo negli Stati Uniti sono stimati circa 19 milioni di individui adulti affetti da disturbi generati da Sindrome da Ansia ogni anno. Anche bambini ed adolescenti possono soffrire di questi disturbi generali dovuti all’ Ansia, tra cui sono incluse: forme di Fobia, Panico, Disordini Compulsivi Ossessivi, Stress post-traumatico. | In the latest years, we’ve been trying to investigate and comprehend the functioning of the Human System with an holistic approach which generated the definition of the BioPsychoSocial model, as a substitute of the old reductionist model, called Biomedical. In this new paradigm we see the insertion of applied researched focused on the prevention and/or the treatment of some diseases caused by anxiety states and stress, and aimed at contrasting some forms of phobias up to the experimenting of some techniques and technologies focused on the contrast of the Cognitive Decline of elders, slowing the effect of Alzheimer or contributing in easing the processes which regulate attention and self confidence in individuals with autism. The research of technologies for the support of mental health and the emotional wellness is assuming more and more interest so to define effective and efficient methods for the mental health technologic platform design (Mental Health and Emotional Wellness), capable of influencing cognitive functions amongst which human memory and reminiscence, social connectedness, behavioral processes, systems of reflection and emotional manipulation. During the last “Cyber18 - Where Healthcare & Technology Connect” conference, the topics for what concerns today’s applications in CyberPsychology, one in particular caught our attention for its presence in our sphere of interest: prevention and treatment of anxiety. The causes of the disorder descending from anxiety are the most disparate. Many people feel anxiety before an important event: an exam, a company’s presentation or a date. Disorders due to anxiety are diseases which affect people’s lives with oppression and fear symptoms, and with manifestations which can increase from acute to chronic, unceasing and continuously growing, worsening. Tormented by panic attacks, obsessive thoughts, trauma flashbacks, nightmares or countless physical symptoms, some people suffering from anxiety disorders my even become housebound. Science is reaching the point of demonstrating the efficacy of its Emotive Technology usage in the treatment of the aforesaid disorders, alleviating symptoms, through the induction of positive emotional states. |
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References:
Cognitive Sciences
EMOTIVE TECHNOLOGIES
di Vittorio Dublino
EMOTIVE TECHNOLOGIES
di Vittorio Dublino
Possono i nuovi media, le tecnologie creative digitali essere impiegate per supportare nuove forme di esperienze emozionali? La ricerca scientifica ci apre prospettive e visioni futuristiche sorprendenti. Come suggerisce Brenda K. Wiederhold [1], le ricerche in questo nuovo campo delle Neuroscienze e della Psicologia Cognitiva chiamata “CyberPsichology” dimostrano sperimentalmente che le tecnologie digitali e i nuovi media hanno in effetti un grande potenziale quali strumenti di “Induzione emotiva” aprendo la possibilità “di una diffusione planetaria di tecnologie emotive in grado di migliorare la Qualità della Vita” [3]. La ricerca scientifica ha dimostrato che, nel perseguimento di un buono stato psicofisico (condizione tra l’altro determinante nel rendere un individuo socialmente attivo nello stabilire buone relazioni con gli altri individui) lo stress e le emozioni sono fattori critici che prendono un ruolo determinante nel raggiungimento di una condizione di buona o scarsa Qualità di Vita. Il ruolo delle emozioni e il controllo dello stress, quindi, negli ultimi anni stanno assumendo sempre più importanza nella ricerca scientifica applicata alla comprensione e alla definizione dei meccanismi neurofisiologici, biochimici e psichici in grado di influenzare positivamente o negativamente lo stato di salute generale dell’Individuo. “Una delle teorie dominanti che cerca di spiegare i meccanismi per cui le emozioni positive sono importanti per la sopravvivenza è la Broadenand- Build Theory of Positive Emotions (Fredrickson, 1998; 2001). La flessibilità cognitiva, evidente durante gli stati emozionali positivi, risulta nella creazione di risorse che diventano utili in ogni momento. Anche se uno stato emozionale positivo è solo momentaneo, i benefici durano e hanno un impatto sulle dimensioni di tratto, sui legami sociali e sulle abilità che resistono nel futuro (Fredrickson, 2009).” [3] Un sempre maggiore interesse da parte della scienza che si occupa di questi problemi si sta rivolgendo verso lo studio dell’influenza delle “Emozioni positive” nei processi di regolazione dello stress. In campo medico i risultati di numerose ricerche svolte sembrano confermare come il “buon umore” [4] possa influire sullo stato generale del paziente e favorire l’organismo nella guarigione da una patologia, non solo contribuire a mantenerlo sano. Recenti studi in Neurofisiologia chimica hanno dimostrato, infatti, che alcune parti del Cervello, come il Locus Coeruleus [5], opportunamente stimolate da fattori ambientali esterni “positivi” per la sfera psichica dell’Uomo (come ad esempio fattori agenti che provochino la “risata”) siano in condizione di contrastare gli stati depressivi enfatizzando il rilascio di particolari sostanze chimiche a scapito di altre . Le discipline medico-scientifiche che studiano questi fenomeni sono la PsicoNeuroImmunologia[6] e la NeuroPsicoEndocrinologia che si occupano di definire le interazioni circolari che intercorrono tra la chimica dell’organismo umano e le neuroscienze in funzione degli stati emotivi dell’Uomo. Queste aree di ricerca stanno indagando sulla concreta possibilità che le “Emozioni negative” abbiano effetti immuno-depressivi, mentre, al contrario, le “Emozioni positive” risultino avere effetti benefici sull’intero stato generale di salute psico-fisica degli individui contribuendo a mantenere un sistema immunitario efficiente. Sono state messe a punto diverse tecniche di controllo delle emozioni in grado di regolare lo stress negativo (distress). Ovviamente, nello sviluppo della nostra ricerca di base applicata allo sviluppo del nostro progetto, il nostro interesse si focalizza su quelle tecniche che rientrano nell’area cognitivo-comportamentale. In particolare, raccordandoci a quanto già trattato più sopra, ci soffermiamo sulle cosiddette Tecniche di visualizzazione: che si basano sulla concezione multidimensionale dell’Intelligenza umana che definisce l’esistenza di diverse “Intelligenze specializzate” [7]. L’intelligenza visiva, definita da Ian Robertson [8] è una di quelle abilità cognitive correlata alla capacità di Immaginazione, più o meno sviluppata in ogni Individuo. Le esperienze, quindi, possono essere “immaginate” , raggruppandole in tre categorie: quelle relative alle “Percezioni sensoriali” (indotte da uno o più dei 5 sensi); quelle connesse con le capacità “Propriocettive” e le “Cinestesiche”. L’intelligenza visiva può essere potenziata (in particolare lungo le fasi dello sviluppo) e mantenuta attraverso un allenamento indotto da stimoli adeguati tra cui si evidenziano quelli che afferiscono alle arti visive, la musica e lo sport. I recenti studi che si sono attivati dopo la scoperta dei “Neuroni Specchio” ci stanno offrendo l’opportunità di progettare e sperimentare opportune tecniche tese al perseguimento di questi scopi, è stato dimostrato che tali tecniche di visualizzazione possono aiutare a contrastare esperienze ed emozioni negative (quindi causa di “distress”) fornendo all’individuo il vissuto di esperienze positive. | Scientific research opens surprising perspectives and future visions. As suggested by Brenda K. Wiederhold , the researches in this new field of Neurosciences and Cognitive Psychology called “CyberPsychology” demonstrate, experimentally, that the digital technologies and new media have perhaps a great potential as instruments of “Emotional Induction” , opening the possibility “of a planetary diffusion of emotional technologies capable of improving the Quality of Life” . Scientific research has demonstrated that, in the pursue of a good psychophysical condition (determining factor in making an individual socially active in the creation of good relationships with other individuals) stress and emotions are critical factors, which play a leading role in reaching a good or bad Quality of Life. The role of emotions and stress control, in the latest years, is gaining more and more importance in the scientific research applied to comprehension and definition of neurophysiological, biochemical and psychic mechanisms capable of influencing positively or negatively the state of general health of an individual. More and more interest by the portion of the scientific community which works in this field is being put in the study of the influence of “Positive Emotions” in the processes of stress regulation. As theorized by Prof. Pressman and Cohen , “Positive emotions can play a protective role towards physical and mental health" . One of the dominating theories which tries to explain the mechanisms for which "Positive emotions" are important for survival, is the "Broadenand-Build Theory of Positive Emotions" developed by Prof. Barbara Friedrickson; she assume that "Cognitive flexibility", clear to see during the positive emotional states, results in the creation of resources which become useful every moment. Even if a positive emotional state is only momentaneous, the benefits last long and have an impact also on the dimensions of stretch, on social connections and on the abilities which resist in the future” . In the medical field, the result of many researches seem to confirm how “good mood” can affect on the general state of the patient and support the healing of an organism after a disease, not only contributing in keeping it healthy. Recent studies in "Chemical Neurophysiology" have demonstrated, in fact, that some parts of the Brain, as the Locus Coeruleus , if appropriately stimulated by “positive” external environment factors for the psychic sphere of Men (as for example factors which provoke laughter) are capable of contrasting depressive states, emphasizing the release of particular chemical substances over others. Medical disciplines which study these phenomena are "PsychoNeuroImmunology" and the "NeuroPsychoEndocrinology" which deal with the circular interactions which come between the chemistry of an human organism and neurosciences, in function of the emotional state of Men. These areas of research are investigating for the actual possibility that the “Negative Emotions” have immunosuppressive effects, while, on the contrary, the “Positive emotions” have benefic effects on the whole state of psychophysical health of individuals, contributing to keep and efficient immunity system. Different techniques of emotion control have been developed, capable of regulating negative stress (distress). Obviously, in the development of base research applied to the development of Emotional Technologies , the interest is focused on those techniques which fall in the cognitive-behavioral area. Particularly, they focus on the so-called "Visualization Techniques": the ones based on the multidimensional conception of the Human Intelligence which defines the intelligence which defines the existence of different “Specialized Intelligences” . The visual intelligence, defined by Ian Robertson is one of those cognitive abilities connected to the capacity of Imagination, more or less developed in an individual. Experiences, so, can be “imagined”, and grouped in three main categories: the ones related to “sensory perceptions” (induced by one or more of the 5 senses); the ones connected to the “proprioceptive” and “kinesthetic”. Visual intelligence can be enhanced (in particular during the stages of development) and kept through a training induced by adequate stimuli amongst which we highlight the ones related to visual arts, music and sports. Recent studies, activated after the discovery of “Mirror Neurons” have offered the possibility of planning and experimenting the right techniques aimed to the pursue of the aforesaid aims, it has been demonstrated that those techniques of visualization can help contrasting negative experiences and emotions (which cause, so, “distress”) supplying the individual the experience of positive background. |
[1] Wiederhold B.K. : Direttore Virtual Reality Medical Institute, Belgio
[2] L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la Qualità della vita come uno stato multidimensionale dell’Individuo in cui il Benessere viene raggiunto non solo per l’assenza di malattie, piuttosto attraverso il perseguimento di un complessivo stato soggettivo di buona salute fisica, buono stato psicologico e buone relazioni sociali.
[3] Villani D., Grassi A. & Riva G. (2011), Tecnologie Emotive, Edizioni Universitarie LED.
[4] come riscontrato dagli esiti della ricerca empirica sulla “terapia del sorriso”.
[5] Un nucleo situato nel Tronco encefalico tra il Mesencefalo e ponte di Varolio. E’ stato osservato che questa parte del Cervello si attiva in modo particolare prima di ogni guarigione. Questo centro viene inattivato da stimoli monotoni e viene attivato da stimoli insoliti. È dimostrato che la stimolazione del Locus Caeuleus inneschi nell’organismo reazioni antidepressive. Locus coeruleus rilascia noradrenalina quando una serie di cambiamenti fisiologici sono attivati da un evento. La noradrenalina dal Locus coeruleus ha un effetto eccitatorio sulla maggior parte del cervello, attivando l'eccitazione e l'innesco dei neuroni. Le connessioni nervose di questo nucleo raggiungono il midollo spinale, il tronco cerebrale ,il cervelletto, l'ipotalamo, i nuclei relay del talamo, l'amigdala, la base del telencefalo, e la corteccia cerebrale. Attraverso le connessioni con la corteccia frontale e la corteccia temporale, il talamo e l'ipotalamo il Locus Coeruleus è coinvolto nella regolazione dell'attenzione, ciclo sonno-veglia, nell'apprendimento e nella percezione del dolore, nella genesi dell'ansia e nella regolazione dell'umore. Sono stati osservati altissimi addensamenti di Recettori oppioidi nel locus coeruleus, ed è stato studiato come sostanze psichedeliche ne potenzino l'eccitazione. Le sostanze allucinogene non fanno comunque eccitare spontaneamente i neuroni del locus coeruleus in assenza di stimoli sensoriali, per cui si può supporre che esse interagiscano con un insieme differente di neuroni che stabiliscono un contatto diretto con il locus. Poiché il locus coeruleus è un meccanismo a “imbuto” che integra tutti i messaggi sensoriali provenienti dagli organi di senso in un sistema unico di eccitazione generalizzato, la sua alterata eccitazione farà provare sensazioni che travalicano i confini delle differenti modalità percettive caratterizzando il fenomeno cosiddetto: Sinestesia.
[6] PNI: PsicoNeuroImmunologia. What is PsychoNeuroImmunology? It is the interaction between psychological process, nervous system and immune system, the interaction can occur 2 directions: psychology can affect immune system and immune system can affect psychology too; it is the interaction between body, brain and environment and the interaction between immune molecules, neuroendocrine and neurochemistry. “Research has indicated that an inextricable chemical link exists between our emotions, which includes all stress in our lives, both good and bad, and the regulatory systems of the endocrine and immune systems through the central nervous system. This research emphasises the importance of expressing our emotions both verbally and physically in an appropriate way. When strong emotions generate fear, anger or rage and these are not expressed in a healthy way then the body's natural response is that of the sympathetic nervous system as demonstrated in Cannon's research on homeostasis and the fight or flight syndrome. At this point, inappropriate storing of these stressful emotions produces an excess of epinephrine. This excess of epinephrine causes a chemical breakdown, resulting in internal weakening of the immune system and an increased potential for disease. “Negative emotions can intensify a variety of health threats. Research provide a broad framework relating negative emotions to a range of diseases whose onset and course may be influenced by the immune system; inflammation has been linked to a spectrum of conditions associated with aging, including cardiovascular disease, osteoporosis, arthritis, type 2 diabetes, certain cancers, Alzheimer's disease, frailty and functional decline, and periodontal disease. Production of proinflammatory cytokines that influence these and other conditions can be directly stimulated by negative emotions and stressful experiences. Additionally, negative emotions also contribute to prolonged infection and delayed wound healing, processes that fuel sustained proinflammatory cytokine production. Accordingly, “we argue [Kiecolt-Glaser J.K., McGuire L., Robles T.F., Glaser R. (2002) in “Emotions, morbidity, and mortality: new perspectives from psychoneuroimmunology”] that distress-related immune dysregulation may be one core mechanism behind a large and diverse set of health risks associated with negative emotions. Resources such as close personal relationships that diminish negative emotions enhance health in part through their positive impact on immune and endocrine regulation. It is reviewed [Guidi L., Tricerri A., Frasca D., Vangeli M., Errani A.R., Bartoloni C. (1998) in “Psychoneuroimmunology and aging”.] “the relationships between psychological stress and depression and immunological functions, with particular regard to those aspects pertinent to the aging process. The clinical relevance of these interactions remains to be elucidated, but the high frequency in the aged of autoimmune, infectious, and neoplastic diseases suggests to focus on the psychoneuroimmune interactions in the old age.” PNI, A scientific discipline which sees the human organism as a "whole", a network of connected processes, and not an ensemble of separated parts. Body and soul, an unique ensemble which can be influenced by the individual psychic identity and from the surrounding social, natural and cultural environments, activating biochemical processes which regulate the function of the organism, giving a state of comfort or discomfort. Inter alia, it has the merit of integrating a coherent vision with all of the latest scientific discoveries in the medical field. It is a continously and quickly evolving science, which discorvers more and more therapeutic tools. It is presenting, to the scientific community, incredible discoveries up to the possibility of motivating (for the agnostic) "miraculous healing". And behind these, which can appear as strangeness, we see the birth of more and more effective therapies, which are more and more often "natural". The PNI deals with a wide range view, it aims to analyze those phenomena, integrating the details of wider overview. Not only in the relations among system, cells and elctric and chemical messages, but also in the interactions between and the environment, It studies the healthy organism before it gets the disease, because the aim is to restore health.
[7]
[8]
[2] L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la Qualità della vita come uno stato multidimensionale dell’Individuo in cui il Benessere viene raggiunto non solo per l’assenza di malattie, piuttosto attraverso il perseguimento di un complessivo stato soggettivo di buona salute fisica, buono stato psicologico e buone relazioni sociali.
[3] Villani D., Grassi A. & Riva G. (2011), Tecnologie Emotive, Edizioni Universitarie LED.
[4] come riscontrato dagli esiti della ricerca empirica sulla “terapia del sorriso”.
[5] Un nucleo situato nel Tronco encefalico tra il Mesencefalo e ponte di Varolio. E’ stato osservato che questa parte del Cervello si attiva in modo particolare prima di ogni guarigione. Questo centro viene inattivato da stimoli monotoni e viene attivato da stimoli insoliti. È dimostrato che la stimolazione del Locus Caeuleus inneschi nell’organismo reazioni antidepressive. Locus coeruleus rilascia noradrenalina quando una serie di cambiamenti fisiologici sono attivati da un evento. La noradrenalina dal Locus coeruleus ha un effetto eccitatorio sulla maggior parte del cervello, attivando l'eccitazione e l'innesco dei neuroni. Le connessioni nervose di questo nucleo raggiungono il midollo spinale, il tronco cerebrale ,il cervelletto, l'ipotalamo, i nuclei relay del talamo, l'amigdala, la base del telencefalo, e la corteccia cerebrale. Attraverso le connessioni con la corteccia frontale e la corteccia temporale, il talamo e l'ipotalamo il Locus Coeruleus è coinvolto nella regolazione dell'attenzione, ciclo sonno-veglia, nell'apprendimento e nella percezione del dolore, nella genesi dell'ansia e nella regolazione dell'umore. Sono stati osservati altissimi addensamenti di Recettori oppioidi nel locus coeruleus, ed è stato studiato come sostanze psichedeliche ne potenzino l'eccitazione. Le sostanze allucinogene non fanno comunque eccitare spontaneamente i neuroni del locus coeruleus in assenza di stimoli sensoriali, per cui si può supporre che esse interagiscano con un insieme differente di neuroni che stabiliscono un contatto diretto con il locus. Poiché il locus coeruleus è un meccanismo a “imbuto” che integra tutti i messaggi sensoriali provenienti dagli organi di senso in un sistema unico di eccitazione generalizzato, la sua alterata eccitazione farà provare sensazioni che travalicano i confini delle differenti modalità percettive caratterizzando il fenomeno cosiddetto: Sinestesia.
[6] PNI: PsicoNeuroImmunologia. What is PsychoNeuroImmunology? It is the interaction between psychological process, nervous system and immune system, the interaction can occur 2 directions: psychology can affect immune system and immune system can affect psychology too; it is the interaction between body, brain and environment and the interaction between immune molecules, neuroendocrine and neurochemistry. “Research has indicated that an inextricable chemical link exists between our emotions, which includes all stress in our lives, both good and bad, and the regulatory systems of the endocrine and immune systems through the central nervous system. This research emphasises the importance of expressing our emotions both verbally and physically in an appropriate way. When strong emotions generate fear, anger or rage and these are not expressed in a healthy way then the body's natural response is that of the sympathetic nervous system as demonstrated in Cannon's research on homeostasis and the fight or flight syndrome. At this point, inappropriate storing of these stressful emotions produces an excess of epinephrine. This excess of epinephrine causes a chemical breakdown, resulting in internal weakening of the immune system and an increased potential for disease. “Negative emotions can intensify a variety of health threats. Research provide a broad framework relating negative emotions to a range of diseases whose onset and course may be influenced by the immune system; inflammation has been linked to a spectrum of conditions associated with aging, including cardiovascular disease, osteoporosis, arthritis, type 2 diabetes, certain cancers, Alzheimer's disease, frailty and functional decline, and periodontal disease. Production of proinflammatory cytokines that influence these and other conditions can be directly stimulated by negative emotions and stressful experiences. Additionally, negative emotions also contribute to prolonged infection and delayed wound healing, processes that fuel sustained proinflammatory cytokine production. Accordingly, “we argue [Kiecolt-Glaser J.K., McGuire L., Robles T.F., Glaser R. (2002) in “Emotions, morbidity, and mortality: new perspectives from psychoneuroimmunology”] that distress-related immune dysregulation may be one core mechanism behind a large and diverse set of health risks associated with negative emotions. Resources such as close personal relationships that diminish negative emotions enhance health in part through their positive impact on immune and endocrine regulation. It is reviewed [Guidi L., Tricerri A., Frasca D., Vangeli M., Errani A.R., Bartoloni C. (1998) in “Psychoneuroimmunology and aging”.] “the relationships between psychological stress and depression and immunological functions, with particular regard to those aspects pertinent to the aging process. The clinical relevance of these interactions remains to be elucidated, but the high frequency in the aged of autoimmune, infectious, and neoplastic diseases suggests to focus on the psychoneuroimmune interactions in the old age.” PNI, A scientific discipline which sees the human organism as a "whole", a network of connected processes, and not an ensemble of separated parts. Body and soul, an unique ensemble which can be influenced by the individual psychic identity and from the surrounding social, natural and cultural environments, activating biochemical processes which regulate the function of the organism, giving a state of comfort or discomfort. Inter alia, it has the merit of integrating a coherent vision with all of the latest scientific discoveries in the medical field. It is a continously and quickly evolving science, which discorvers more and more therapeutic tools. It is presenting, to the scientific community, incredible discoveries up to the possibility of motivating (for the agnostic) "miraculous healing". And behind these, which can appear as strangeness, we see the birth of more and more effective therapies, which are more and more often "natural". The PNI deals with a wide range view, it aims to analyze those phenomena, integrating the details of wider overview. Not only in the relations among system, cells and elctric and chemical messages, but also in the interactions between and the environment, It studies the healthy organism before it gets the disease, because the aim is to restore health.
[7]
[8]
Reference:
- Fredrickson B. L. (2001), The Role of Positive Emotion in Positive Psycology , The Broaden-and-Build-Theory of Positive Emotions; University of Michigan
- Fredrickson B. L. (2002), How Does Religion Benefit Health and Well-Being? Are Positive Emotions Active Ingredients?; Department of Psychology, University of Michigan
- Fredrickson B. L. (2009), Positivity; Crown Publisher New York
- Pressman, S. D. & Cohen, S. (2005), Does positive affect influence health?; Psychological Bulletin
- Pressman, S. D. & Cohen, S. (2006), Positive affect and health?; Current Direction in Psychological Science
- Villani D. , Grassi A., Riva G. (2011) , Tecnologie Emotive; Edizioni LED
- Wiederhold B. K. (2011), Preface Toward Emotional Technologies; edizioni LED
Neuroscienze Sociali
a cura di V.Dublino
La Neuroscienza Sociale è il campo accademico a carattere interdisciplinare dedicato a comprendere come i sistemi biologici implementano i processi sociali e del comportamento, e come queste strutture sociali e i processi sociali impattano il Cervello e la biologia dell’Organismo.
Un presupposto fondamentale alla base delle Neuroscienze Sociali è che tutto il comportamento sociale è implementato biologicamente.
Con il termine “Biologia della Socialità” ci si vuole riferire, dunque, a quelle teorie e a tutto ciò che emerge da quel nuovo campo di studi scientifici interdisciplinari che va sotto il nome di “Neuroscienze sociali”.
Poiché è un nuovissimo campo di studi, i campi d’interesse e i limiti delle Neuroscienze sociali non sono state ancora ben definiti. In linea di massima, la Società per le Neuroscienze Sociali (fondata nel 2010), definisce le "Neuroscienze Sociali come lo studio interdisciplinare dei meccanismi neurali, ormonali, cellulari e genetici alla base delle strutture emergenti che definiscono le Specie Sociali."
Questa nuova disciplina viene istituita nel campo delle Neuroscienze (finalmente diventata una disciplina matura), poiché sta diventando sempre più evidente che il sistema nervoso non può essere considerato come un'entità isolata, e i suoi meccanismi di funzionamento non possono essere studiati e compresi senza tenere in considerazione i contesti sociali in cui gli esseri umani e molte specie di animali vivono .
Oramai viene sempre più riconosciuto il notevole impatto del cervello e la funzione del corpo di strutture sociali che vanno dalle coppie, le famiglie, i quartieri e gruppi di città , le civiltà e le culture, le alleanze internazionali .
Questi fattori operano sull’Individuo attraverso un continua sollecitazione dei fattori neurali e neuroendocrini, sul metabolismo e su sistema immunitario che agiscono sul Cervello e sull’Organismo, in cui il Cervello è l' organo regolatore centrale dell’Organismo, ma anche un Soggetto influenzabile da questi fattori .
Per questo motivo, le Neuroscienze Sociali, indagano il sistema nervoso e le sue manifestazioni ai molti livelli che interagiscono con e su di esso: dalle molecole della Chimica organica alle Società. Le neuroscienze sociali riuniscono ed incrociano gli esiti di molteplici discipline e metodologie per definire le strutture emergenti che definiscono le specie sociali , in generale , e che sono alla base della salute umana e del comportamento , in particolare . Si sta assumendo che tali Studi sono essenziali per svelare questa complessità e potrebbero fornirci in futuro strumenti per contemplare il benessere futuro della vita sulla terra .
La missione della Società per le Neuroscienze Sociali, è quello di servire come luogo interdisciplinare ed internazionale di raccolta e di distribuzione delle Informazioni scientifiche in questo campo, avanzare e promuovere la formazione scientifica, la ricerca e le applicazioni sul campo per il bene del Genere Umano.
Un presupposto fondamentale alla base delle Neuroscienze Sociali è che tutto il comportamento sociale è implementato biologicamente.
Con il termine “Biologia della Socialità” ci si vuole riferire, dunque, a quelle teorie e a tutto ciò che emerge da quel nuovo campo di studi scientifici interdisciplinari che va sotto il nome di “Neuroscienze sociali”.
Poiché è un nuovissimo campo di studi, i campi d’interesse e i limiti delle Neuroscienze sociali non sono state ancora ben definiti. In linea di massima, la Società per le Neuroscienze Sociali (fondata nel 2010), definisce le "Neuroscienze Sociali come lo studio interdisciplinare dei meccanismi neurali, ormonali, cellulari e genetici alla base delle strutture emergenti che definiscono le Specie Sociali."
Questa nuova disciplina viene istituita nel campo delle Neuroscienze (finalmente diventata una disciplina matura), poiché sta diventando sempre più evidente che il sistema nervoso non può essere considerato come un'entità isolata, e i suoi meccanismi di funzionamento non possono essere studiati e compresi senza tenere in considerazione i contesti sociali in cui gli esseri umani e molte specie di animali vivono .
Oramai viene sempre più riconosciuto il notevole impatto del cervello e la funzione del corpo di strutture sociali che vanno dalle coppie, le famiglie, i quartieri e gruppi di città , le civiltà e le culture, le alleanze internazionali .
Questi fattori operano sull’Individuo attraverso un continua sollecitazione dei fattori neurali e neuroendocrini, sul metabolismo e su sistema immunitario che agiscono sul Cervello e sull’Organismo, in cui il Cervello è l' organo regolatore centrale dell’Organismo, ma anche un Soggetto influenzabile da questi fattori .
Per questo motivo, le Neuroscienze Sociali, indagano il sistema nervoso e le sue manifestazioni ai molti livelli che interagiscono con e su di esso: dalle molecole della Chimica organica alle Società. Le neuroscienze sociali riuniscono ed incrociano gli esiti di molteplici discipline e metodologie per definire le strutture emergenti che definiscono le specie sociali , in generale , e che sono alla base della salute umana e del comportamento , in particolare . Si sta assumendo che tali Studi sono essenziali per svelare questa complessità e potrebbero fornirci in futuro strumenti per contemplare il benessere futuro della vita sulla terra .
La missione della Società per le Neuroscienze Sociali, è quello di servire come luogo interdisciplinare ed internazionale di raccolta e di distribuzione delle Informazioni scientifiche in questo campo, avanzare e promuovere la formazione scientifica, la ricerca e le applicazioni sul campo per il bene del Genere Umano.
Source of information
http://s4sn.org/
Resources
- Vuoi sapere di più sulle Scienze Sociali nell'interesse Pubblico?
https://ccsn.sites.uchicago.edu/page/ccsn-resources
Le nuove frontiere del marketing relazionale
estratto ed adattamento da: Societing, il marketing nella società post-moderna, G.P. Fabris [*]
II marketing relazionale non e certo nuovo: se ne parla ormai da molti anni.
Il rischio è che, nella traduzione a livello della prassi e nelle finalità che lo ispirano, finisca per assumere i caratteri di una parodia, stravolgendo il modo in cui dovrebbe realmente manifestarsi: per le finalità che si è posto e per i metodi adottati.
Dovrebbe invece costituire il più tangibile attestato di un profondo ripensamento su come rapportarsi al consumatore, del divenire l'impresa soggetto relazionale, dell'emergere di nuovi paradigmi; un ripensamento di come relazionarsi con il consumatore, disincantato ma demanding, della cultura postmoderna.
II marketing relazionale non dovrebbe avere le sembianze di una sorta di ultima spiaggia da presidiare dopo che i canali tradizionali di incentivazione delle vendite cominciano a dare vistosi segni di stanchezza vedi la diffusa convinzione che i media tradizionali, e in particolare le grandi televisioni generaliste che assorbivano tanta parte degli investimenti pubblicitari, non siano in grado di entrare in sintonia con i nuovi scenari.
Ancor meno dovrebbe esaurirsi nel customer care o in attività di cross/up selling o, divenire sinonimo, ma anche degrado, di attività di retention e/o di fidelizzazione.
Gummeson, osserva: «il concetto di marketing e comunemente espresso col "cliente al centro".
Tale espressione è diventata uno slogan diffuso, ma compreso e attuato solo da pochi. A volte viene percepito solo come una moda da seguire o, ancora, come un astuto trucco per ingannare il Consumatore».
La centralità del consumatore, di cui appunto il marketing relazionale dovrebbe rappresentare la più espressiva risposta, è divenuta ormai una sorta di assioma.
Di essa si parla sempre più frequentemente e non c'è ormai evento, in cui si discuta di mercati e strategie, che non vi si faccia riferimento.
E’ ormai, per l'impresa, una sorta di mantra da recitare sempre pia spesso: per autoreferenzialità, perché lo fanno i competitor, perché è comunque considerato doveroso e politicamente corretto.
Eppure è difficile scorgerne poi, a livello della prassi aziendale, contenuti conseguenti, tanto da far pensare, mutatis mutandis, a una versione rivisitata di quella "sovranità del consumatore" che ha popolato tante generazioni di volumi di economia.
Quando, sin dai tempi di Smith e di Ricardo, si proclaamava “the consumer is King”: un ossequio formale, un enunciato nobile da cui non deriva alcuna reale discontinuità con una prassi che, invece, ha sempre considerato il consumatore come suddito.
La differenza però, rispetto al passato, è sostanziale: nella società che si va avviando al postmoderno il Consumatore ha davvero sviluppato un reale potere e, soprattutto, ne va prendendo consapevolezza.
Manifesta una crescente insofferenza nei confronti delle tradizionali pratiche del marketing e della pubblicità e insoddisfazione verso molte delle proposte del mercato.
Per alcune scelte avverte disagio nei confronti della serialità.
La reverenza e subalternità psicologica nei confronti di chi produce e vende appartiene alla cultura della modernità e sempre più il consumatore esprime un'autonomia di giudizio, una competenza, una discrezionalità di scelta the non trovano riscontro nelle sue precedenti biografie.
Il recente emergere di un economia low cost e il grande negozio virtuale che è divenuto Internet hanno probabilmente svolto una funzione maieutica e accelerato la grande trasformazione già in atto.
Un consumatore che ha più potere anche perché ha accesso a canali sempre più diversificati come contenuti, utilizza informazioni in modo nuovo e partecipa alle conversazioni producendo contenuti.
«La centralità del consumatore, scrivono Farinet e Ploncher, dovrebbe, a rigor di logica, tradursi in una costante attenzione della società civile alla realizzazione delle aspettative di quest’ultimo e alla tutela dei relativi interessi... Il consumatore, viceversa, e stato relegato a essere controparte passiva di un gioco condotto dalle imprese attraverso le proprie politiche distributive... Il nuovo consumatore si rende conto di ciò, si riappropria della sua volontà decisionale e rivaluta il potere di cui è depositario... egli quindi non si limita a ricevere in modo passivo quanto le imprese riversano sul mercato, bensì riveste di connotazioni critiche il proprio consumo».
Si ha la sensazione che la grande maggioranza delle imprese non sia ancora culturalmente attrezzata per comprendere il reale nuovo significato e la virtuale discontinuità con il passato, che non abbiano cioè inteso la rivoluzione culturale che implica la transizione da un orientamento al marketing (che caratterizza i comportamenti di impresa nell'epoca della modernità) all'orientamento al consumatore che e coevo alla transizione al postmoderno.
Una rilettura storica dell’evoluzione delle imprese, scandisce il divenire dell'impresa moderna in quattro grandi fasi.
All'inizio vi è l’orientamento al prodotto: la tensione e tutta rivolta a produrre per far fronte a una domanda crescente. Il primato è, fino in fondo, attribuito alla produzione.
A questa fase segue un lungo periodo storico caratterizzato dall' orientamento alia vendita. Si è soliti individuare nella grande crisi del '29 l'ingresso in questa nuova fase, quando, in maniera drammatica, emersero i rischi della sovra produzione e l'esigenza di dedicare alla stimolazione delle vendite non meno energie rispetto a quelle rivolte alla produzione. La provocazione che «è più importante assicurarsi un mercato che possedere una fabbrica» comincia a comparire sul frontespizio dei primi volumi sulla nascente “arte del vendere”.
Se, nella fase precedente, il motto era vendere tutto ciò che si riesce a produrre adesso vi e un capovolgimento di prospettiva: produrre tutto ciò che si riesce a vendere.
Vendere a tutti costi, vendere il più possibile, in una prospettiva temporale tutta rivolta al presente: questo atteggiamento caratterizza una lunga stagione di interventi dell'impresa sui mercati.
Le evidenze della miopia insita nell'assoluto primato delle vendite; il pericolo di pregiudicare successivi riacquisti forzando la mano al consumatore; la prospettiva, tutta azienda/centrica, di questo tipo di approccio introducono quasi fisiologicamente il passaggio a una nuova fase, che, appunto, è detta dell' orientamento al marketing e che comincia a prendere corpo almeno fra i paesi industriali avanzati, di cui allora l'Italia non faceva parte, negli anni Cinquanta.
La vendita rappresenta, naturalmente, ancora un fine ma non può essere che la risultante di un lungo processo. Non e più "l'arte del vendere", ma l'applicazione di una nuova scienza (appunto il marketing codificato dall’economista Kotler) a sollecitare la domanda mediante complessi interventi, che vanno dalla ricerca sul consumatore alle strategie distributive, dalle problematiche del prezzo alla gestione delle moderne tecniche per stimolare le vendite.
Forse, in primis, nella creazione e nel controllo su basi scientifiche della pubblicità.
L'attività di vendita, per essere efficace e per non esaurirsi, come nella precedente fase, nel presente, non può che rappresentare il momento terminale di un'accorta regia che va, appunto, sotto il nome di marketing.
L'orientamento al marketing condiziona l'intero processo produttivo ponendosi soprattutto a valle e solo parzialmente a monte, di questo e utilizza in maniera consapevole tutte le leve di cui dispone il marketing mix: per creare le condizioni più favorevoli e più efficaci per la vendita.
Questa fase (che costituisce tutt’oggi ancora un punto di arrivo, un obiettivo per molte imprese almeno nel nostro paese) viene superata da un'ulteriore evoluzione: quella caratterizzata dall'orientamento al consumatore.
Molti hanno difficoltà a comprenderne la natura perché la considerano sinonimo del precedente orientamento.
Eppure la differenza c'è, ed è profonda!
L'orientamento al marketing è ancora tutto ispirato da una visione endogena all'impresa, tipica della fase della modernità e della cultura industriale.
E’ certamente vero che esistono i consumatori a cui rapportarsi, ma questi sono percepiti più come terra di conquista che come polo dialettico, come reali interlocutori dell'impresa.
L'orientamento al consumatore postula invece il primato della soddisfazione dei bisogni del consumatore, la sua nuova centralità.
Non e una motivazione etica a indurlo e neppure e successo che l'impresa si sia improvvisamente trasformata in una sorta di Fatina dai Capelli Turchini. E’ solo l'unica risposta possibile a fronte di un consumatore che ha ormai terminato il suo periodo di apprendistato e che manifesta una crescente impazienza di vedersi riconosciuto in un nuovo ruolo.
Il marketing, che dovrebbe costituire lo strumento elettivo per adeguarsi al nuovo contesto, appare prigioniero di filosofie e strategie di intervento elaborate nell'epoca che lo ha visto nascere e che ha celebrato i suoi successi.
«Le relazioni tra clienti e fornitori - scrive Gummesson - sono alla base del marketing.
Nell'attuale concezione del marketing management, il marketing e ridotto a scambi impersonali attraverso la produzione e la distribuzione di massa.
Il produttore offre prodotti e servizi tramite un intermediario e il cliente corrisponde denaro.
Il Produttore e anche il Dettagliante sono visti come mere marche, e potrebbero essere completamente anonimi per il consumatore che, a sua volta, e considerato come una statistica.
Risulta evidente che l'approccio al marketing, appena descritto, non è adeguato all'attuale realtà della società» .
Il marketing relazionale, se interpretato nella sua complessità, può invece costituire la risposta più coerente con la transizione d'epoca: una nuova concezione del marketing rivolta a costruire relazioni, a modificare l'attuale perdurante asimmetria tra domanda e offerta proponendosi, nei confronti del cliente, in un'ottica di rapporto di lungo periodo: «e di rapporto allargato e interattivo secondo cui lo scambio non riguarda solo merce contro denaro ma anche conoscenza, che viaggia dall'impresa al cliente e dal cliente all'impresa».
Oggi l'impresa si deve confrontare con un consumatore che dimostra maggiore discrezionalità nelle scelte e che si sta scordando di antiche subalternità e soggezioni.
L'ormai inarrestabile declino della fedeltà alla marca rappresenta una tangibile testimonianza di ciò.
Il consumatore percepisce di avere un maggiore potere contrattuale nei confronti delle imprese e intende avvalersene fino in fondo.
Orientamento al consumatore significa anzitutto capacita d'ascolto reale, che eviti di recepire soltanto ciò che interessa sapere e in maniera disattenta.
L'ascolto e la premessa per intessere un dialogo, per interrompere quel monologo che dura da sempre e che oggi appare improponibile. L'impresa non è attrezzata per recepire voci reali, ma solo un rumorio di fondo, poco intelligibile; la voce del consumatore si dissolve in insiemi statistici di dati.
Ascolto e attenzione nuova implicano anche rispetto per il consumatore, che è già una modalità di risposta: rispetto significa accettare che abbia istanze specifiche e diverse dalle proprie, riconoscimento dell'alterità, rinuncia a gridare più forte: non significa deferenza.
Orientamento al Consumatore significa capacita di soddisfare i bisogni, i desideri, le attese di questo nuovo protagonista dei mercati, adeguando alle sue richieste, manifeste o latenti, le caratteristiche tangibili e intangibili dei prodotti.
Risolvendo, al tempo stesso, il vasto campionario di problemi che sovente l'uso dei prodotti comporta, il che, in altre parole, significa anche capacità di incorporare nei prodotti quote crescenti di servizio
Ma anche, e forse soprattutto, instaurando un dialogo, una relazione con lui. L'attributo "relazionale" riferito al marketing, il passaggio cioè dall'epoca della transazione a quella della relazione coglie in parte questa esigenza.
Sta emergendo un consumatore che esprime istanze crescenti di personalizzazione dei prodotti, sempre meno incline a dedicare interesse a proposte pensate per un pubblico anonimo indifferenziato.
Il marketing relazionale, se correttamente interpretato, implica davvero una rivoluzione copernicana: trasforma il consumatore, tradizionalmente considerato in termini di passività (a cui vendere, da studiare), in soggetto con cui dialogare realmente e non in senso metaforico.
Centralità del consumatore nel marketing relazionale vuol dire customer knowledge management, cioè portare il consumatore all'interno dell'impresa, coinvolgerlo nella co-creazione.
Significa quindi non solo capacità di ascolto con metodi completamente diversi rispetto al passato ma utilizzazione delle competenze che questi ha maturato. Significa coinvolgerlo attivamente nella progettazione di beni e servizi, richiedere una sua cooperazione nei processi di comunicazione, farlo partecipare realmente a tutte le fasi significative della filiera, fornirgli prodotti finali non serializzati, non pensati per un consumatore anonimo ma rispettosi delle singole individualità.
La reale nuova frontiera del marketing vede oggi l'engagement del consumatore, il suo attivo coinvolgimento in molte funzioni con una intelligenza strategica, tesa a rinunciare a “hortum clausum” in cui sino ad adesso era confinata, per cogliere in un reale processo di coevoluzione gli straordinari apporti che un coinvolgimento reciproco, sugli stessi progetti e piani di lavoro, può generare.
L'esigenza di disintermediare il più possibile la lunga filiera, che ha collocato il consumatore distante dall'impresa finendo per oscurarne la visione, deve essere comunque realmente, consapevolmente, perseguita e privilegiata.
Forse l'apologo di Maometto e la montagna deve trovare applicazione nel marketing relazionale: in questo contesto e più la montagna impresa a recarsi da Maometto consumatore, invertendo i percorsi tradizionali.
L'obiettivo di conoscenza non è più quello, ortodosso, di studiare, di vivisezionare il consumatore alla stregua di un entomologo che studia i coleotteri, ma di apprendere da lui ( con una sorta di open source marketing): chi utilizza quotidianamente beni e servizi in contesti tanto differenti (vale dire il consumatore finale) ha sviluppato capacità critiche su livelli di conoscenza e di competenza sovente superiori a quelli dell'impresa stessa: molto spesso un consumatore ne sa molto più di un commesso che tenta di vendergli un prodotto!
Si tratta comunque, al di la di queste elaborazioni che sono ancora allo stato nascente, di iniziare a pensare in un modo nuovo, di instaurare, come alcune imprese lungimiranti vanno inziando a fare, nuove modalità di dialogo e di rapportarsi al consumatore su un piano di maggiore simmetria, in un flusso orizzontale e non più verticistico partente dall’alto, dove il consumatore, deve poter aver opportunità di divenire ConsumaATTORE.
Non e un gioco di parole ma un vero capovolgimento di prospettiva: il consumatore diviene appunto attore, partner per l'impresa.
In questa concezione il marketing tradizionale con le sue patetiche 4 P (nessuna delle quali chiama esplicitamente in causa il consumatore) si disvela come equivalente dell'economia fordista.
In una fase di orientamento al consumatore, scrive Giaretta «la competitività dell'impresa viene allora a formarsi non solo nei termini di risolvere direttamente i problemi del consumatore, ma anche di tutelarne i diritti all'informazione, alla sicurezza, alla liberta di scelta, all'ascolto, alla qualità promessa e alla parità di trattamento. Bisogna comunque tenere sempre presente, per evitare pericolose fughe in avanti, che il cambiamento intervenuto nel consumatore non e poi cosi prorompente da fargli assumere sempre un ruolo attivo nel rapporto con l'impresa … »
Il rischio è che, nella traduzione a livello della prassi e nelle finalità che lo ispirano, finisca per assumere i caratteri di una parodia, stravolgendo il modo in cui dovrebbe realmente manifestarsi: per le finalità che si è posto e per i metodi adottati.
Dovrebbe invece costituire il più tangibile attestato di un profondo ripensamento su come rapportarsi al consumatore, del divenire l'impresa soggetto relazionale, dell'emergere di nuovi paradigmi; un ripensamento di come relazionarsi con il consumatore, disincantato ma demanding, della cultura postmoderna.
II marketing relazionale non dovrebbe avere le sembianze di una sorta di ultima spiaggia da presidiare dopo che i canali tradizionali di incentivazione delle vendite cominciano a dare vistosi segni di stanchezza vedi la diffusa convinzione che i media tradizionali, e in particolare le grandi televisioni generaliste che assorbivano tanta parte degli investimenti pubblicitari, non siano in grado di entrare in sintonia con i nuovi scenari.
Ancor meno dovrebbe esaurirsi nel customer care o in attività di cross/up selling o, divenire sinonimo, ma anche degrado, di attività di retention e/o di fidelizzazione.
Gummeson, osserva: «il concetto di marketing e comunemente espresso col "cliente al centro".
Tale espressione è diventata uno slogan diffuso, ma compreso e attuato solo da pochi. A volte viene percepito solo come una moda da seguire o, ancora, come un astuto trucco per ingannare il Consumatore».
La centralità del consumatore, di cui appunto il marketing relazionale dovrebbe rappresentare la più espressiva risposta, è divenuta ormai una sorta di assioma.
Di essa si parla sempre più frequentemente e non c'è ormai evento, in cui si discuta di mercati e strategie, che non vi si faccia riferimento.
E’ ormai, per l'impresa, una sorta di mantra da recitare sempre pia spesso: per autoreferenzialità, perché lo fanno i competitor, perché è comunque considerato doveroso e politicamente corretto.
Eppure è difficile scorgerne poi, a livello della prassi aziendale, contenuti conseguenti, tanto da far pensare, mutatis mutandis, a una versione rivisitata di quella "sovranità del consumatore" che ha popolato tante generazioni di volumi di economia.
Quando, sin dai tempi di Smith e di Ricardo, si proclaamava “the consumer is King”: un ossequio formale, un enunciato nobile da cui non deriva alcuna reale discontinuità con una prassi che, invece, ha sempre considerato il consumatore come suddito.
La differenza però, rispetto al passato, è sostanziale: nella società che si va avviando al postmoderno il Consumatore ha davvero sviluppato un reale potere e, soprattutto, ne va prendendo consapevolezza.
Manifesta una crescente insofferenza nei confronti delle tradizionali pratiche del marketing e della pubblicità e insoddisfazione verso molte delle proposte del mercato.
Per alcune scelte avverte disagio nei confronti della serialità.
La reverenza e subalternità psicologica nei confronti di chi produce e vende appartiene alla cultura della modernità e sempre più il consumatore esprime un'autonomia di giudizio, una competenza, una discrezionalità di scelta the non trovano riscontro nelle sue precedenti biografie.
Il recente emergere di un economia low cost e il grande negozio virtuale che è divenuto Internet hanno probabilmente svolto una funzione maieutica e accelerato la grande trasformazione già in atto.
Un consumatore che ha più potere anche perché ha accesso a canali sempre più diversificati come contenuti, utilizza informazioni in modo nuovo e partecipa alle conversazioni producendo contenuti.
«La centralità del consumatore, scrivono Farinet e Ploncher, dovrebbe, a rigor di logica, tradursi in una costante attenzione della società civile alla realizzazione delle aspettative di quest’ultimo e alla tutela dei relativi interessi... Il consumatore, viceversa, e stato relegato a essere controparte passiva di un gioco condotto dalle imprese attraverso le proprie politiche distributive... Il nuovo consumatore si rende conto di ciò, si riappropria della sua volontà decisionale e rivaluta il potere di cui è depositario... egli quindi non si limita a ricevere in modo passivo quanto le imprese riversano sul mercato, bensì riveste di connotazioni critiche il proprio consumo».
Si ha la sensazione che la grande maggioranza delle imprese non sia ancora culturalmente attrezzata per comprendere il reale nuovo significato e la virtuale discontinuità con il passato, che non abbiano cioè inteso la rivoluzione culturale che implica la transizione da un orientamento al marketing (che caratterizza i comportamenti di impresa nell'epoca della modernità) all'orientamento al consumatore che e coevo alla transizione al postmoderno.
Una rilettura storica dell’evoluzione delle imprese, scandisce il divenire dell'impresa moderna in quattro grandi fasi.
All'inizio vi è l’orientamento al prodotto: la tensione e tutta rivolta a produrre per far fronte a una domanda crescente. Il primato è, fino in fondo, attribuito alla produzione.
A questa fase segue un lungo periodo storico caratterizzato dall' orientamento alia vendita. Si è soliti individuare nella grande crisi del '29 l'ingresso in questa nuova fase, quando, in maniera drammatica, emersero i rischi della sovra produzione e l'esigenza di dedicare alla stimolazione delle vendite non meno energie rispetto a quelle rivolte alla produzione. La provocazione che «è più importante assicurarsi un mercato che possedere una fabbrica» comincia a comparire sul frontespizio dei primi volumi sulla nascente “arte del vendere”.
Se, nella fase precedente, il motto era vendere tutto ciò che si riesce a produrre adesso vi e un capovolgimento di prospettiva: produrre tutto ciò che si riesce a vendere.
Vendere a tutti costi, vendere il più possibile, in una prospettiva temporale tutta rivolta al presente: questo atteggiamento caratterizza una lunga stagione di interventi dell'impresa sui mercati.
Le evidenze della miopia insita nell'assoluto primato delle vendite; il pericolo di pregiudicare successivi riacquisti forzando la mano al consumatore; la prospettiva, tutta azienda/centrica, di questo tipo di approccio introducono quasi fisiologicamente il passaggio a una nuova fase, che, appunto, è detta dell' orientamento al marketing e che comincia a prendere corpo almeno fra i paesi industriali avanzati, di cui allora l'Italia non faceva parte, negli anni Cinquanta.
La vendita rappresenta, naturalmente, ancora un fine ma non può essere che la risultante di un lungo processo. Non e più "l'arte del vendere", ma l'applicazione di una nuova scienza (appunto il marketing codificato dall’economista Kotler) a sollecitare la domanda mediante complessi interventi, che vanno dalla ricerca sul consumatore alle strategie distributive, dalle problematiche del prezzo alla gestione delle moderne tecniche per stimolare le vendite.
Forse, in primis, nella creazione e nel controllo su basi scientifiche della pubblicità.
L'attività di vendita, per essere efficace e per non esaurirsi, come nella precedente fase, nel presente, non può che rappresentare il momento terminale di un'accorta regia che va, appunto, sotto il nome di marketing.
L'orientamento al marketing condiziona l'intero processo produttivo ponendosi soprattutto a valle e solo parzialmente a monte, di questo e utilizza in maniera consapevole tutte le leve di cui dispone il marketing mix: per creare le condizioni più favorevoli e più efficaci per la vendita.
Questa fase (che costituisce tutt’oggi ancora un punto di arrivo, un obiettivo per molte imprese almeno nel nostro paese) viene superata da un'ulteriore evoluzione: quella caratterizzata dall'orientamento al consumatore.
Molti hanno difficoltà a comprenderne la natura perché la considerano sinonimo del precedente orientamento.
Eppure la differenza c'è, ed è profonda!
L'orientamento al marketing è ancora tutto ispirato da una visione endogena all'impresa, tipica della fase della modernità e della cultura industriale.
E’ certamente vero che esistono i consumatori a cui rapportarsi, ma questi sono percepiti più come terra di conquista che come polo dialettico, come reali interlocutori dell'impresa.
L'orientamento al consumatore postula invece il primato della soddisfazione dei bisogni del consumatore, la sua nuova centralità.
Non e una motivazione etica a indurlo e neppure e successo che l'impresa si sia improvvisamente trasformata in una sorta di Fatina dai Capelli Turchini. E’ solo l'unica risposta possibile a fronte di un consumatore che ha ormai terminato il suo periodo di apprendistato e che manifesta una crescente impazienza di vedersi riconosciuto in un nuovo ruolo.
Il marketing, che dovrebbe costituire lo strumento elettivo per adeguarsi al nuovo contesto, appare prigioniero di filosofie e strategie di intervento elaborate nell'epoca che lo ha visto nascere e che ha celebrato i suoi successi.
«Le relazioni tra clienti e fornitori - scrive Gummesson - sono alla base del marketing.
Nell'attuale concezione del marketing management, il marketing e ridotto a scambi impersonali attraverso la produzione e la distribuzione di massa.
Il produttore offre prodotti e servizi tramite un intermediario e il cliente corrisponde denaro.
Il Produttore e anche il Dettagliante sono visti come mere marche, e potrebbero essere completamente anonimi per il consumatore che, a sua volta, e considerato come una statistica.
Risulta evidente che l'approccio al marketing, appena descritto, non è adeguato all'attuale realtà della società» .
Il marketing relazionale, se interpretato nella sua complessità, può invece costituire la risposta più coerente con la transizione d'epoca: una nuova concezione del marketing rivolta a costruire relazioni, a modificare l'attuale perdurante asimmetria tra domanda e offerta proponendosi, nei confronti del cliente, in un'ottica di rapporto di lungo periodo: «e di rapporto allargato e interattivo secondo cui lo scambio non riguarda solo merce contro denaro ma anche conoscenza, che viaggia dall'impresa al cliente e dal cliente all'impresa».
Oggi l'impresa si deve confrontare con un consumatore che dimostra maggiore discrezionalità nelle scelte e che si sta scordando di antiche subalternità e soggezioni.
L'ormai inarrestabile declino della fedeltà alla marca rappresenta una tangibile testimonianza di ciò.
Il consumatore percepisce di avere un maggiore potere contrattuale nei confronti delle imprese e intende avvalersene fino in fondo.
Orientamento al consumatore significa anzitutto capacita d'ascolto reale, che eviti di recepire soltanto ciò che interessa sapere e in maniera disattenta.
L'ascolto e la premessa per intessere un dialogo, per interrompere quel monologo che dura da sempre e che oggi appare improponibile. L'impresa non è attrezzata per recepire voci reali, ma solo un rumorio di fondo, poco intelligibile; la voce del consumatore si dissolve in insiemi statistici di dati.
Ascolto e attenzione nuova implicano anche rispetto per il consumatore, che è già una modalità di risposta: rispetto significa accettare che abbia istanze specifiche e diverse dalle proprie, riconoscimento dell'alterità, rinuncia a gridare più forte: non significa deferenza.
Orientamento al Consumatore significa capacita di soddisfare i bisogni, i desideri, le attese di questo nuovo protagonista dei mercati, adeguando alle sue richieste, manifeste o latenti, le caratteristiche tangibili e intangibili dei prodotti.
Risolvendo, al tempo stesso, il vasto campionario di problemi che sovente l'uso dei prodotti comporta, il che, in altre parole, significa anche capacità di incorporare nei prodotti quote crescenti di servizio
Ma anche, e forse soprattutto, instaurando un dialogo, una relazione con lui. L'attributo "relazionale" riferito al marketing, il passaggio cioè dall'epoca della transazione a quella della relazione coglie in parte questa esigenza.
Sta emergendo un consumatore che esprime istanze crescenti di personalizzazione dei prodotti, sempre meno incline a dedicare interesse a proposte pensate per un pubblico anonimo indifferenziato.
Il marketing relazionale, se correttamente interpretato, implica davvero una rivoluzione copernicana: trasforma il consumatore, tradizionalmente considerato in termini di passività (a cui vendere, da studiare), in soggetto con cui dialogare realmente e non in senso metaforico.
Centralità del consumatore nel marketing relazionale vuol dire customer knowledge management, cioè portare il consumatore all'interno dell'impresa, coinvolgerlo nella co-creazione.
Significa quindi non solo capacità di ascolto con metodi completamente diversi rispetto al passato ma utilizzazione delle competenze che questi ha maturato. Significa coinvolgerlo attivamente nella progettazione di beni e servizi, richiedere una sua cooperazione nei processi di comunicazione, farlo partecipare realmente a tutte le fasi significative della filiera, fornirgli prodotti finali non serializzati, non pensati per un consumatore anonimo ma rispettosi delle singole individualità.
La reale nuova frontiera del marketing vede oggi l'engagement del consumatore, il suo attivo coinvolgimento in molte funzioni con una intelligenza strategica, tesa a rinunciare a “hortum clausum” in cui sino ad adesso era confinata, per cogliere in un reale processo di coevoluzione gli straordinari apporti che un coinvolgimento reciproco, sugli stessi progetti e piani di lavoro, può generare.
L'esigenza di disintermediare il più possibile la lunga filiera, che ha collocato il consumatore distante dall'impresa finendo per oscurarne la visione, deve essere comunque realmente, consapevolmente, perseguita e privilegiata.
Forse l'apologo di Maometto e la montagna deve trovare applicazione nel marketing relazionale: in questo contesto e più la montagna impresa a recarsi da Maometto consumatore, invertendo i percorsi tradizionali.
L'obiettivo di conoscenza non è più quello, ortodosso, di studiare, di vivisezionare il consumatore alla stregua di un entomologo che studia i coleotteri, ma di apprendere da lui ( con una sorta di open source marketing): chi utilizza quotidianamente beni e servizi in contesti tanto differenti (vale dire il consumatore finale) ha sviluppato capacità critiche su livelli di conoscenza e di competenza sovente superiori a quelli dell'impresa stessa: molto spesso un consumatore ne sa molto più di un commesso che tenta di vendergli un prodotto!
Si tratta comunque, al di la di queste elaborazioni che sono ancora allo stato nascente, di iniziare a pensare in un modo nuovo, di instaurare, come alcune imprese lungimiranti vanno inziando a fare, nuove modalità di dialogo e di rapportarsi al consumatore su un piano di maggiore simmetria, in un flusso orizzontale e non più verticistico partente dall’alto, dove il consumatore, deve poter aver opportunità di divenire ConsumaATTORE.
Non e un gioco di parole ma un vero capovolgimento di prospettiva: il consumatore diviene appunto attore, partner per l'impresa.
In questa concezione il marketing tradizionale con le sue patetiche 4 P (nessuna delle quali chiama esplicitamente in causa il consumatore) si disvela come equivalente dell'economia fordista.
In una fase di orientamento al consumatore, scrive Giaretta «la competitività dell'impresa viene allora a formarsi non solo nei termini di risolvere direttamente i problemi del consumatore, ma anche di tutelarne i diritti all'informazione, alla sicurezza, alla liberta di scelta, all'ascolto, alla qualità promessa e alla parità di trattamento. Bisogna comunque tenere sempre presente, per evitare pericolose fughe in avanti, che il cambiamento intervenuto nel consumatore non e poi cosi prorompente da fargli assumere sempre un ruolo attivo nel rapporto con l'impresa … »
[*] Giampaolo Fabris, sociologo, professore ordinario di Sociologia dei Consumi e creazione e gestione della marca.
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Francesco C. Betti |
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