Ma cos'è l'Arte? Uno spunto di riflessione |
PERFORMANCE MUSICALE E RISONANZA EMPATICA di Alessandra Seggi L’intento di questo articolo è riflettere intorno al problema della performance musicale e di come questa attivi tanto nell’ascoltatore quanto nell’interprete una risonanza che coinvolge entrambi in una risonanza di tipo empatico. Questo processo d’interrelazione è stato ampiamente studiato ma in questa sede s’intende osservare la relazione interprete-ascoltatori seguendo i contributi offerti dalle recenti ricerche neuroscientifiche. L’espressione musicale ha da sempre fatto parte della comunicazione umana attraversando nei secoli modalità sonore socialmente e culturalmente condivise sia nelle forme che nelle specificità linguistiche. Fin qui niente di nuovo ma ciò che oggi le nuove ricerche scientifiche chiariscono è che non solo il prodotto musicale parla dell’epoca che lo ha prodotto ma rappresenta un punto importante di convergenza nella relazione umana intersoggettiva e sociale. Ciò che appare chiaro è la capacità della musica di evocare risonanze affettive e sensomotorie simili sia in chi ascolta che in chi suona. In quest’ottica fare così come ascoltare musica rappresentano due tipologie d’esperienza molto più simili fra loro di quanto si sarebbe potuto pensare. Perché si attiva questa risonanza fra interprete ed ascoltatore? La nostra condizione umana ci predispone alla necessità di stabilire relazioni con l’altro sia per confermare il nostro stesso esistere quanto per attivare una costruzione di sé che non potrebbe essere di natura autosufficiente. Così come il nostro essere sociale ci spinge a stabilire relazioni interpersonali positive promuovendo comportamenti prosociali in grado di rispondere a bisogni di tipo relazionali. Nel corso della propria esistenza l’uomo è insieme costruttore di un’identità collettiva quanto individuale all’interno della quale ritrovare una condivisione in grado di distinguerci in quanto esseri unici ma allo stesso tempo assimilarci agli altri come esseri appartenenti ad una comunità. La storia dell’evoluzione umana mostra come l’imitazione è il prerequisito di base per lo sviluppo di abilità sociali come comprendere l’emozioni esperite da altri proprio in virtù della capacità di rispecchiamento reciproco. Oggi sappiamo che il merito di queste straordinarie capacità risiede nel sistema dei neuroni specchio. Questi di fatto ci aiutano a ricostruire nel nostro cervello le intenzioni dell’altro permettendoci una comprensione profonda degli stati d’animo altrui. Questa modalità così connaturata con il nostro essere che si pone in continuo ascolto di sé e proiezione fuori da sé facilita notevolmente il comportamento sociale dell’essere umano. Ciò che si crea è un’interdipendenza del proprio sé con quello dell’altro in un rispecchiamento reciproco che costituisce il presupposto indispensabile alla costituzione di un processo d’ empatia. Ma cosa ha a che fare tutto questo con l’espressione musicale? Immaginiamoci una scena. Sono ad un concerto. Le luci si abbassano, in sala scende un silenzio carico di attesa, entra il direttore d’orchestra , applausi e poi di nuovo un silenzio ancora più denso; il direttore alza le braccia, respira ed in quell’attimo di grande concentrazione anche il mio respiro è sospeso fino all’attacco del suono. Perché tutto questo accade all’ascoltatore? E perché non accade solo agli interpreti? Ogni opera musicale si esprime sempre attraverso il corpo in azione è la dinamica del gesto che produce il suono coerente alla valenza espressiva manifesta. Proprio questa gestualità rappresenta il fulcro intorno al quale si costruisce una sintonizzazione capace di attivare anche in chi ascolta una condivisione simulata dell’esperienza stessa. Dagli studi compiuti in questi ultimi anni emerge chiaramente che la gestualità ed il linguaggio fanno parte di un unico sistema coerente. Del resto la gestualità precede lo sviluppo del linguaggio ed acquista una specifica valenza proprio nell’atto imitativo che rappresenta una prima forma di condivisione con l’altro. Gli studi sul sistema dei neuroni specchio hanno chiarito l’esistenza di un meccanismo neurale che mappa direttamente l’espressione delle azioni altrui sulla rappresentazione motoria delle stesse azioni presenti nel cervello dell’osservatore. I dati che emergono da questi studi mettono in evidenza la nostra capacità di entrare in risonanza con le azioni compiute dagli altri proprio perché i neuroni specchio si attivano sia quando compiamo un’azione sia quando la vediamo compiere da altri. Questo meccanismo di rispecchiamento, che coinvolge anche il nostro sistema motorio, dimostra che noi non solo vediamo con la parte visiva del cervello ma anche conil sistema motorio. “I neuroni specchio mappano in modo costitutivo una relazione tra agente e un oggetto: la semplice osservazione di un oggetto che non sia obiettivo di alcuna azione non evoca in essi alcuna risposta.” 1 “I neuroni specchio (…) sono alla base, prima ancora che l’imitazione, del riconoscimento e della comprensione del significato degli “eventi motori” ossia degli atti degli altri”. 2 Tali meccanismi di rispecchiamento sono presenti nell’atto musicale in termini di simulazione come al momento dell’apprendimento di tecniche specifiche tipo ditegggiature o articolazioni ma anche durante l’esecuzione di un brano chi ascolta è realmente parte attiva del processo sonoro che si compie nel momento. La base comune è rappresentata dalla capacità di sintonizzarsi empaticamente all’intenzionalità espressiva dell’atto musicale. Un’ espressività mostrata sia nella pratica interpretativa quanto nella gestualità dell’interprete. E’ così che sentirò vivere in me un coinvolgimento fisico quasi come se fossi in prima persona a suonare in quel momento, come se guardare ed ascoltare mi permettesse di esperire fisicamente sensazioni fisiche coerenti a ciò che si mostra. Alla luce di queste premesse è lecito ipotizzare che esista un linguaggio espressivo all’interno del quale esecutore ed ascoltatore generalmente concordano. L’idea sonora espressa dell’interprete prende forma non solo sul piano uditivo ma anche su quello gestuale in una coerenza capace di rinforzare l’idea espressiva nel suo presentarsi. Attraverso l’atto esecutivo il musicista rende leggibili le relazioni che si stabiliscono all’interno di un’ idea musicale. Tali atti sono anche la causa diretta sia della qualità espressiva sia della qualità sonora del risultato acustico nel suo insieme. L’esecuzione è così il risultato di un’interazione tra un piano di pensiero, ciò che si vuole ottenere, e ed un sistema flessibile di programmazione gestuale, atta ad ottenerlo. Alla luce di queste osservazioni possiamo considerare l’oggetto artistico come un atto di natura sociale capace di evocare risonanze di natura senso-motoria ed affettiva in colui che ascolta al pari di colui che realmente suona. La natura intersoggettiva della performance musicale si rivela nella capacità di rappresentazione mimetica di chi ascolta e quindi partecipa, anche involontariamente all’atto musicale nel suo complesso. “L’espressività è un tratto fondamentale dell’immediatezza mediata e corrisponde, tanto quanto la strumentalità o l’obiettività del sapere, alla tensione da compensare continuamente e all’intreccio tra corpo ed essere e corpo e avere. L’espressività è un modo originario per venire a capo del fatto di abitare in un corpo e contemporaneamente di avere un corpo.” 3 Ma allora da dove nasce questa consonanza tra interprete ed ascoltatore? C’è una modalità di risonanza comune tra gli individui nella fruizione artistica? Gli studi di neuroestetica si occupano proprio di indagare in questa direzione individuando possibili standard di percezione universale in grado di svelare la natura dei piaceri estetici che rileviamo davanti ad un’opera d’arte analizzando le conoscenze psicofisiche e neurocognitive proprie della parte visiva del cervello. Oggi questa ricerca è ampliata da studiosi quali V. Gallese e D. Freedberg che propongono di concentrare l’attenzione sui fenomeni che si producono a livello corporeo durante la contemplazione di opere visive. In particolare sull’osservazione dei meccanismi neuronali che assecondano il potere empatico delle immagini. Queste ricerche mostrano come la simulazione incarnata ed i sentimenti empatici generati dalle immagini svolgano un compito molto preciso durante la contepmlazione di opere d’arte. L’idea è che ci sia una sorta d’immedesimazione da parte dell’osservatore nella gestualità propria della produzione di un’opera d’arte, una specie d’imitazione fisica ed interiore della gestualità espressa visivamente. Queste ricerche hanno dimostrato che tanto la simulazione incarnata quanto il sistema senso-motorio risultano coinvolti nel riconoscimento delle emozioni e sensazioni espresse dagli altri proprio perché permettono la ricostruzione di cosa proveremmo in una particolare emozione mediante la simulazione dello stesso stato corporeo. Se questo accade nell’esperienza visiva si potrebbe immaginare uno stesso tipo di rispecchiamento anche nella pratica sonora tra interprete ed ascoltatore. Una simulazione dell’ascoltatore come se lui stesso prendesse parte attiva, fin dai neuroni, nella performance musicale. In parte questo accade già nel momento in cui il pubblico re-interpreta ad ogni ascolto l’opera in oggetto rinnovandone e attualizzandone continuamente il senso ma in questo caso non si tratterebbe di un’operazione squisitamente intellettuale-emozionale ma attraverso la simulazione incarnata si assisterebbe a ben altra tipologia di rispecchiamento. Se queste ricerche troveranno riscontro anche nell’ambito musicale si apriranno nuove prospettive di studio sulla natura del rispecchiamento fra interprete e pubblico e forse potremo guardare, con gli occhi della scienza, alla performance musicale da una prospettiva naturale ed universalmente condivisa tra individui magari non solo della stessa specie. | MUSICAL PERFORMANCE AND EMPATHIC RESONANCE by Alessandra Seggi The aim of this article is to think about the problem of the musical performance and how this can active in such a profound way, either in the listener and in the “actor”, which involves both in an empathic resonance. This interrelation process has been deeply studied but here we want to observe the relation between performer and listener following the contribution offered the recent neuro-scientific research. The musical expression has always been part of the human communication during history, crossing sound modes which have been socially and culturally shared both in their shapes and language specificity. Nothing new up to this point, but what is cleared by the modern scientific research is not only that the music product speaks about the age during which it is produced, but it also represents an important convergence point in the social and cross-subject human relation. What's clear to see is the capability of music to evoke affective and sensorimotor resonances similar to the ones evoked by the ones who play the music. In this view, making and listening to music represent two types of experience which are mutually similar, even more than what could be expected. Why does this resonance amongst player and listener gets activated? Our human condition makes us feel the need to establish relation between each others both to confirm our existence and to activate a self construction which couldn't be naturally self-contained. The same, our social being encourages us to establish positive interpersonal relations promoting pro-social capable of a positive feedback to relational needs. During its own existence, man is the building domain of a collective and meanwhile individual identity inside of which we can find a sharing, capable of underlining our being unique but at the same time assimilating us to other beings belonging to other communities. The history of human revolution shows how imitation is the basic requirement for the development of social abilities such as comprehending the emotions transmitted by others, exactly for this innate mirroring capability. Today we know that all of this extraordinary capacities lays in the system of mirror neurons. These actually help us rebuild in our brain the intentions of others, allowing us a deep comprehension of other people's moods. This mode, tightly connected with our being which is continuously listening and project itself, eases the social behavior of the human being. The result is an interdependence of one's own ego with others', in a mutual mirroring which builds the essential assumption to the built of an empathy process. But what’s the connection between all of this and the musical expression? Let's try to imagine. I'm in a concert. Light go down, the room falls in a waiting silence, the director of the orchestra comes in, applause and then again an even deeper silence; the director raises his arms, breathes and in that moment of great concentration even my own breath is broken until the sound starts. Why all of this happens to the listener and not only to the musicians? Each musical work is always expressed through the acting body, it is the dynamics of the movement which produces the sound, which is coherent to the shown expressive valence. From the studies made on the object in the last years, it clearly emerged that the gestures and the language are part of an unique coherent system. Inter alia the gesture precedes the development of language and acquires a specific valence especially in the imitation act which represents a first form of sharing with others. The study of the mirror neurons system have cleared the existence of a neural mechanisms which directly maps the expression of others' actions over the motor representation of the same actions which are found in the brain of the observer. The data which emerge from these studies show that our capacity of getting in resonance with the actions made by others exactly because the mirror neurons are activated both when we act and when we SEE action. This mirroring mechanism, which also involves our motor system, demonstrates that we not only see with the visual part of the brain, but also with the motor part. "Mirror neurons constructively map the relations between an agent and an object: the simple observation of an object which is not the subject of an action does not evoke any response". "Mirror neurons (...) are the fundament, even before imitation, of the recognition and comprehension of the meaning of 'motor events', which are the actions pf others". The mirroring mechanisms are present in the musical act in terms of simulation as in the moment of the learning of specific techniques such as articulation, but also in the execution of a track, and who listens is really an active part of the sound process which is happening in the specific moment. The common ground is represented by the capacity of empathically tuning to the expressive intentionality of the musical action. An expressivity which is shown both in the interpreting practice and in the gesture of the player. It is in this way that I'll feel a physical involvement as if I were playing the instrument myself, as if looking an listening could allow me to try physical sensations which are coherent with what's shown. It is possible at this stage to hypothesize the existence of an expressive language in which executer and listener generally accord. The sound idea expressed by the executer gets shaped not only on an auditory basis, but also on a gesture one in a coherence which is capable of reinforcing the expressive idea in its unveiling. Through the execution act, the musician makes the relations which happen in a musical idea visible. These acts are the direct cause of either of the expressive quality and of the sound quality of the acoustic result in its ensemble. The execution is the result of an interaction between thought and a flexible system of gesture planning. After these observations, we can consider the artistic object as a social act capale of evoking sense-motor resonances in the people whom listen and in the same way in who produces. The inter-subjective nature of music performance is revealed in the camouflage representation of who listens and, so, participates to the musical act itself. "Expressivity is a fundamental characteristic of the mediated out-rightness and corresponds to the tension to continuously offset and to the interlacement between body-and-being and body-and-wanting. The expressivity is an original way to solve the question of living in a body and having a body". So: where does the consonance between player and listener start from? Is there a common resonance amongst the individuals involved in artistic fruition? The neuro-esthetical studies deal with the detection of possible standards of universal perception, capable of unveiling the nature of the aesthetic pleasure which we feel in front of an artwork analyzing the psychophysical and neurocognitive knowledge own of the visual part of the brain. Today, this research is being expanded by researchers such as V. Gallese and D. Freedberg which propose to focus on the phenomena which are produced on the body during the contemplation of visual artworks. Especially on the observation of neuron mechanisms which accommodate the empathic power of images. These researches show how empathic simulation and feelings generated by the images perform a very specific task during the contemplation of artworks. The idea is there might be a sort of physical involvement from the visually expressed gesture. These researches have demonstrated that both simulation and sense-motor system are involved in the recognition of emotions and feelings expressed by others precisely because they allow the reconstruction of what we would feel in a specific emotion through the stimulation of the body status If this happens in the visual experience, we could imagine a similar mirroring also in the sound practice between interpreter and listener. A simulation of a listener as if he were taking an active part, from the neurons, in a music performance. The already happens partly in the moment in which the audience re-elaborates, during each fruition, the work renewing and actualizing continuously its sense, but in this case it will not only be and exclusively intellectual-emotional operation, but through the incarnated simulation we'll see a brand new type of mirroring. If these researches will be replied also in the music field, we'll attend the opening of new study perspectives about the mirroring between audience and interpreter and maybe we'll be able to see, through the science eyes, the music performance by a natural perspective which will be universally shared between the individuals, whom might not belong to the same species. |
References:
- Damasio A. R. , 1999: The Feeling of Waht Happens; trad. it. S. Frediani, Emozione e coscienza, Milano, Adelphi 2000.
- Damasio A. R. , 2003: Looking for Spinoza Joy, Sorrow, and Feeling Brain; trad. it. I. Blum, Alla ricerca di Spinoza Emozione, sentimenti e cervello, Milano, Adelphi 2003.
- Delalande F. , 1993: Le condotte musicali, Bologna, Clueb.
- Freedberg D. , 2007: Empatia, movimento ed emozione, in Immagini della Mente, Neuroscienze, arte e filosofia, a cura di G. Lucignani e A. Pinotti, Milano, Raffaello Cortina.
- Gallese V. , 2008: Il corpo teatrale: mimetismo, neuroni specchio, simulazione incarnata, Articolo pubblicato nel sito dell’autore http://www.unipr.it/arpa/mirror/english/staff/gallese.htm.
- Gallese V. , Freedberg D. , 2008: Movimento, emozione, empatia. I fenomeni che si producono a livello corporeo osservando le opere d’arte, “Prometeo” Rivista trimestrale di scienza e storia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore.
- Iacoboni M. , 2008: I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Torino, Bollati Boringhieri.
- Plessner H. , 1980: Anthropologie del Sinne, trad. it. M. Russo, Antropologia dei sensi, Milano, Raffaello Cortina 2008.
- Plessner H. , 1982: Lachen und Weinen, trad. it. V. Rasini, Il Riso e il Pianto. Una ricerca sui limiti del comportamento umano, Milano, Studi Bompiani 2007.
- Rizzolati G. , Sinigaglia C. , 2006: So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Milano, Raffaello Cortina.
- Schon D. , Akiva-Kabiri L. , Vecchi T. , 2007: Psicologia della musica, Roma, Carocci.
Notes:
1 Gallese, 2008, p. 21
2 Rizzolati, Sinigaglia,2006, p. 94-96
3 Plessner,2007, p. 78.
Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia della Psiche
di F. Bottaccioli (**)
L'approccio PNEI consente, a mio avviso, di soffiar via, come un vento (πѵέɩ è la terza persona singolare del verbo greco πvɛῖѵ, che significa “soffiare” !), le tentazioni riduzioniste verso la biologia o verso l'informatica, rintracciando le solide radici biologiche della psiche e, al tempo stesso, comprendendone e valorizzandone il livello specifico. E’ indubbio che l'attività psichica emerga dal cervello. |
Almeno la mente che conosciamo, quella che, attualmente, è possibile sottoporre a indagine scientifica, ha questo vincolo biologico: senza cervello, cioè, non si dà attività mentale. Ci sono persone a me vicine, le cui opinioni tengo in gran conto, e altre che godono della mia più sincera stima e, immagino, anche qualche lettore, che la pensano diversamente. Ritengono che ci sia una forma di attività mentale, che, per esempio, una certa tradizione buddhista chiama `mente sottile' o `mente innata', che sfugga a questo vincolo.
Secondo questo approccio, la scienza dovrebbe uscire dal paradigma del cervello quale fondamento biologico della mente e studiare fenomeni, per esempio post mortem, che segnalerebbero un'indipendenza della mente dal cervello. Comunque sia, anche un capo religioso come l'attuale Dalai Lama ammette che, al di là degli ‘stati sottili’, del resto non usuali, la normale attività della mente poggia su fondamenti neuronali. |
C'e quindi una relazione indubitabile tra cervello e mente. Tradizionalmente, la difficoltà ad accettare questa relazione è legata all'idea che l'emergenza di uno stato mentale, giudicato immateriale, non possa provenire da un substrato biologico, cioè materiale per antonomasia.
Questa difficolta si fonda sulla logica occidentale antica, la stessa che Cartesio, il grande critico della logica aristotelico-scolastica, ha messo in discussione, ma non in modo davvero radicale.
Difficoltà che può essere riassunta in queste domande: come è possibile che da un fenomeno ne emerga un altro con caratteristiche fortemente dissimili?
Questa difficolta si fonda sulla logica occidentale antica, la stessa che Cartesio, il grande critico della logica aristotelico-scolastica, ha messo in discussione, ma non in modo davvero radicale.
Difficoltà che può essere riassunta in queste domande: come è possibile che da un fenomeno ne emerga un altro con caratteristiche fortemente dissimili?
Come è possibile che dall'attività di un organo materiale (il cervello) possa emergere un'attività che appare immateriale (la psiche)?
Per Ia tradizione aristotelica e anche per il ragionamento cartesiano la causa di un fenomeno «deve contenere almeno tanta realtà quanta ce n'è nel suo effetto».
C'è quindi una relazione quantitativa e qualitativa tra la causa e il suo effetto, il quale deve comunque contenere almeno alcune delle Caratteristiche della causa che l'ha generato.
Per Ia tradizione aristotelica e anche per il ragionamento cartesiano la causa di un fenomeno «deve contenere almeno tanta realtà quanta ce n'è nel suo effetto».
C'è quindi una relazione quantitativa e qualitativa tra la causa e il suo effetto, il quale deve comunque contenere almeno alcune delle Caratteristiche della causa che l'ha generato.
Poi Cartesio stesso si accorge che è una logica traballante in quanto, sviluppando il suo ragionamento, nelle Meditazioni metafisiche (quarta meditazione), si chiede: «Come è possibile che Dio, un essere perfetto, abbia potuto generate un essere imperfetto?» E quindi da una causa assolutamente spirituale e perfettissima possa derivare un effetto che e un composto di anima e corpo e per giunta cosi imperfetto?
«I fini di Dio non sono conoscibili», risponde il filosofo, buttando Ia palla fuori dal campo, dal campo della logica, voglio dire!
Invece, negli ultimi cinquant'anni è diventato chiaro che modificazioni che intervengono in un livello possono far emergere realtà, le cui caratteristiche non sono contenute nel livello da cui sono emerse.
«I fini di Dio non sono conoscibili», risponde il filosofo, buttando Ia palla fuori dal campo, dal campo della logica, voglio dire!
Invece, negli ultimi cinquant'anni è diventato chiaro che modificazioni che intervengono in un livello possono far emergere realtà, le cui caratteristiche non sono contenute nel livello da cui sono emerse.
E il principio della complessità. Su questo Lurija, Varela e Bateson forniscono chiavi interpretative molto convincenti, che non riprendo. I meccanismi con cui dalle reti neuronali emerge attività psichica, mi pare possano trovare risposte altrettanto convincenti nel modello proposto da Edelman, con il ruolo chiave svolto dalle connessioni rientranti e dai meccanismi di selezione neurale. |
Il livello psichico, però, non è un semplice epifenomeno, ha una sua potente articolazione strutturale, complessità, relativa autonomia e capacità di azione sul livello nervoso nonchè sugli altri grandi sistemi di regolazione fisiologica, come vedremo in dettaglio … Le vie tramite cui il livello psichico influenza gli altri livelli sono raggruppate nel sistema dello stress, con le sue correlazioni neuroendocrine, nervose e immunitarie, e nel sistema nervoso centrale e periferico.
Le modalità con cui opera il livello psichico sono, con tutta probabilità, centrate sulle immagini.
Come propone Bateson, I'immagine è forse il modo più economico che il cervello dei mammiferi ha per far passare rapidamente informazioni tramite varie interfaccia cerebrali.
Nell'immagine c'è un'informazione sintetica capace di attivare vari circuiti, ma in modo particolare i circuiti che collegano il sistema limbico (amigdala, ippocampo e ipotalamo) con le aree corticali elaborative ed esecutive. La decodificazione dell'immagine chiama in causa, come vedremo meglio (…), il ruolo centrale della memoria, che fornisce all'animale e quindi anche a noi la possibilità di paragonare la rappresentazione mentale ad altre già codificate, che fanno parte delle memoria autobiografica
Come propone Bateson, I'immagine è forse il modo più economico che il cervello dei mammiferi ha per far passare rapidamente informazioni tramite varie interfaccia cerebrali.
Nell'immagine c'è un'informazione sintetica capace di attivare vari circuiti, ma in modo particolare i circuiti che collegano il sistema limbico (amigdala, ippocampo e ipotalamo) con le aree corticali elaborative ed esecutive. La decodificazione dell'immagine chiama in causa, come vedremo meglio (…), il ruolo centrale della memoria, che fornisce all'animale e quindi anche a noi la possibilità di paragonare la rappresentazione mentale ad altre già codificate, che fanno parte delle memoria autobiografica
Questo paragone avviene in un lampo e non utilizza vie logico-razionali, ma in prima lettura, una modalità Gestalt e in particolare e in particolare quegli elementi che Bates chiama “segnacontesto”, i tratti distintivi di un contesto, di una situazione nota, nella quale ci siamo comportati in un certo modo. Le immagini che attivano modelli interpretativi e di comportamento sono strettamente personali, hanno i nostri colori, il nostro odore, il nostro calore, come dice James.
Vengono costruite dando il nostro segno al vasto materiale proveniente dal contesto storico evolutivo, sociale e interpersonale. Il livello psichico è influenzato non solo dal sistema nervoso centrale, ma anche dagli altri sistemi, che reagiscono a stimoli ambientali e a comportamenti individuali. … La psiche può essere influenzata dall’alimentazione, dall’attività fisica, dall’attività del sistema immunitario. La psiche nella sue dimensioni inconscia, emozionale e cosciente, è il frutto dell’evoluzione che si realizza tramite il un contesto umano, che è sociale, culturale, e storicamente determinato, e che interagisce con contesti naturali più ampi. In questo senso come ha giustamente notato Lurija , non è possibile ridurre l’evoluzione della psiche umana all’evoluzione del cervello.
Occorre invece inquadrare il formidabile contributo che la psiche umana, tramite la trasmissione culturale intergenerazionale, ha fornito all’evoluzione del cervello e dell’organismo umano nl suo insieme. La coscienza quindi, a differenza proposto dal modello freudiano, non dovrebbe avere come obiettivo la bonifica della natura interna, e cioè l’omologazione dei “territori selvaggi” dell’ES alla Ragione, bensì la comprensione della complessità dell'Uomo e dei contesti in cui opera.
Riconoscimento della complessità propria e altrui, della mente altrui in senso batesoniano, vuol dire ispirare e costruire una scienza non riduzionista, non prepotente verso di sè e verso gli altri sistemi; vuol dire ispirare comportamenti basati sulla compassione verso il mondo che è in noi ( archetipi collettivi) e verso il mondo fuori di noi; vuol dire quindi favorire l’emergere di persone capaci di non rimanere prigioniere dei contesti , ma di essere “trans-contestuali”, senza divenire disadattate, bensì flessibili, creative e, al tempo stesso, socialmente integrate perché perseguono fini collettivi e sociali.
Riconoscimento della complessità propria e altrui, della mente altrui in senso batesoniano, vuol dire ispirare e costruire una scienza non riduzionista, non prepotente verso di sè e verso gli altri sistemi; vuol dire ispirare comportamenti basati sulla compassione verso il mondo che è in noi ( archetipi collettivi) e verso il mondo fuori di noi; vuol dire quindi favorire l’emergere di persone capaci di non rimanere prigioniere dei contesti , ma di essere “trans-contestuali”, senza divenire disadattate, bensì flessibili, creative e, al tempo stesso, socialmente integrate perché perseguono fini collettivi e sociali.
(*) Francesco Bottaccioli è fondatore e presidente onorario della Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, associazione scientifica che raggruppa studiosi di diversa estrazione che approcciano la tematica con una metodologia inter-multidisciplinare. Dirige la SIMAISS Scuola di medicina Integrata. Insegna PsicoNeuroEndocrinoImmunologia in corsi universitari di specializzazione post-laurea.
(**) Tratto da F. Bottaccioli, (1995-2005) "PsicoNeuroEndocrinoImmunologia: i fondamenti scientifici delle relazioni mente-corpo. Le basi razionali della medicina integrata", 170-172 (Ed. RED).
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