Introduzione al Product Placementa cura di V. Dublino Definizione Il product placement (o product-tie in) è una sofisticata tecnica di comunicazione aziendale, che consiste nel posizionare un prodotto o un brand all’interno di una struttura narrativa in maniera precostituita riuscendo ad integrarsi ad esso. Il Product Placement non è la Pubblicità Occulta (cioè la semplice bottiglia sul tavolo dietro l’attore protagonista o del pacchetto di sigarette in primo piano) un vero e proprio studio del posizionamento di un Brand o di un Prodotto/servizio fatto da esperti del settore che tenga conto dei caratteri tangibili ed intangibili dell' Oggetto da inserire nella struttura narrativa, e nello stesso tempo delle necessità e delle caratteristiche del formato (cinematografico, fiction televisiva, teatrale, radiofonica, videogioco, ..) con cui viene resa al pubblico la struttura narrativa. Chi fa del product placement, infatti, per poterlo rendere efficace al meglio deve innanzitutto tener presente le "regole del mezzo" (il linguaggio) e del contesto in cui si va a posizionare il prodotto nella narrazione e, quindi, agire di conseguenza. Il product placement non può essere equiparato a nessuno degli altri strumenti di comunicazione d’impresa solitamente usati. E' una tecnica a se stante, con caratteristiche uniche. Potrebbe essere paragonabile alla sponsorizzazione per alcune caratteristiche, per altre alla pubblicità e per altre ancora alla publicity, mantenendo però profonde differenze tra ogni una di queste tecniche. Uno dei più grandi vantaggi del product placement, rispetto alle forme di pubblicità classica, ad esempio, è il fatto che questa tecnica è strettamente correlata all’attenzione con cui lo spettatore si pone nei confronti di ciò che vede ed ascolta. La pubblicità è sicuramente uno tra i più importanti strumenti di comunicazione d’impresa, ma ha come grande difetto, quello di lavorare sulla “attenzione passiva” dell’audience. La sua visione, infatti, non essendo richiesta dallo spettatore che è costretto a guardarla, riscontra nell’audience una soglia di attenzione bassa. Una comunicazione d’impresa che è caratterizzata da un’intrinseca soglia di attenzione bassa richiede, per avere efficacia sul target di riferimento, una frequenza reiterata di trasmissione del messaggio molto elevata o deve essere caratterizzata da un Contenuto narrativo in grado di risvegliare l’attenzione del target: un obiettivo difficile da perseguire con spot commerciali tradizionali [2]. Con l’impiego del product placement non c’è bisogno di risvegliare l’attenzione dello spettatore, egli è già attivo nella sua visione di un film, di una fiction, di una sit-com. E’ stato Lui a scegliere di vedere quel determinato prodotto ed sempre Lui a voler seguire con la massima attenzione tutto ciò che accade sullo schermo, compreso il product placement. All’interno di una storia quanto più è credibile il posizionamento di un prodotto o di un brand, tanto più è accettato dallo spettatore e risulta, quindi, efficace. Nell’adottare questa tecnica promo-comunicazionale, le Aziende, per poter studiare un buon posizionamento, sono quindi costrette ad adeguarsi alle regole narrative, in modo da far risultare l’uso dei loro prodotti e/o servizi reali, in quel contesto narrativo e di conseguenza credibili da parte dello spettatore. Molte volte il prodotto, per integrarsi al meglio con la storia, può perfino arrivare ad essere inserito in maniera non convenzionale o in un modo che potrebbe sembrare negativo. Definizione concettuale della tecnica pubblicitaria Gerardo Corti nel suo studio pubblicato su "Occulta sarà tua sorella", per aiutarci a comprendere i meccanismi del product placement ci evidenzia alcuni fra quelli che sono ritenuti i migliori posizionamenti di product placement degli ultimi anni. Lo spedizioniere espresso Fedex nel film “Cast Away”; la birra Guinness in “Minority Rèport”; il quotidiano Usa Today in “Se scappi ti sposo” e lo shampoo Head & Shoulder in “Evolution”. In Cast Away Fedex ha ottenuto un’enorme ritorno di notorietà di marca, il marchio esce più che rafforzato nonostante un suo aereo precipiti e una grossa spedizione vada dispersa. In Minority Report la birra Guinness non viene bevuta, ma il suo cartellone serve per smascherare l’identità dell’eroe. All’inizio di Se scappi ti sposo la testata Usa Today licenzia il giornalista Ike Graham (Richard Gere), cosa che gli permetterà di conquistare la sfuggente Maggie Carpenter (Julia Roberts). In Evolution abbiamo poi il caso estremo in cui lo shampoo Head & Shoulder della Procter & Gamble viene mostrato come la migliore arma per distruggere gli alieni. Tutti ottimi posizionamenti alternativi che solo aziende esperte di product placement osano affrontare. Tutti brand americani. Il numero di case history di product placement di origine europea è ancora molto esiguo, nonostante il product placement sembra essere nato contemporaneamente all’avvento del cinema. Da parte della maggior parte delle aziende europee si evidenzia ancora una profonda diffidenza: se queste dovessero pubblicizzare, ad esempio, una crema per il viso, pretenderebbero di farlo come in uno spot, con un’attrice che stila un elenco infinito dei suoi principi attivi. Questo posizionamento verrebbe percepito dallo spettatore come “pubblicità occulta” e, quindi, rifiutato in quanto ritenuto come qualcosa di subdolo. Al contrario un posizionamento che metta in gioco il marchio farebbe divertire lo spettatore, costringendolo a ricordare il prodotto. In questa tecnica i maestri sono, ovviamente, gli americani, seguiti a ruota dagli orientali (Hong Kong e Giappone in testa). Gli americani hanno potuto superare una certa diffidenza verso questo strumento grazie ai successi ottenuti da alcune aziende e alle relative occasioni mancate da altre. Il caso più famoso è sicuramente quello capitato alla M&M’s nel 1981, quando fu contattata dalla Amblin Entertainment (la compagnia di produzione di Steven Spielberg) per posizionare il proprio prodotto nel film “E.T. L’extraterrestre”. L’idea del regista era quella di far attirare E.T. dal piccolo Elliott con delle praline di cioccolato, in modo da farlo arrivare fino in camera sua e creare il primo contatto e la prima amicizia tra uomo e alieno. La Mars (interpellata per il brand M&M’s) rifiutò il progetto non ritenendo opportuno far mangiare il proprio prodotto a un piccolo essere deforme. La produzione passò l’offerta alla Hershey per il suo prodotto Reeve’s Pieces, competitor minore di M&M’s, che deteneva una piccolissima quota di mercato. La Hershey accettò e in poco tempo (grazie al successo del film e al fatto che nel film le praline di cioccolato erano catalizzatrici dell’amicizia fra l’alieno e il bambino) il brand aveva fatto presa sul pubblico. I Reeve’s Pieces cominciarono a conquistare quote di mercato a scapito della M&M’s, trovandosi in pochissimo tempo a competere agli stessi livelli, raggiungendo un incremento del 66% delle vendite nel trimestre successivo all’uscita del film. A fronte di un investimento relativamente modesto, il product placement permise ai Reeve’s Pieces non solo di competere con il concorrente più temibile, ma offrì la possibilità di essere presente nell’immaginario del suo target di riferimento ogni qualvolta un bambino avesse avuto voglia di vedere o rivedere la storia di E.T. Metodi di posizionamento Ogni volta che si parla di product placement ad un profano, la definizione che comunemente si utilizza per far capire il concetto è quella di “pubblicità occulta nei film”, dalla quale si ottiene un molto più chiarificante: “Ah, sì! Il pacchetto di sigarette Marlboro che l’attore tiene in primo piano”. Sebbene per lo spettatore medio rimanga la concezione che questo sia il metodo con cui viene fatto il product placement, in realtà questa abitudine è caduta in disuso da parecchi anni anche per motivi legati alle norme pubblicitarie per i prodotti da fumo. Quali sono allora i metodi di posizionamento più usati? E quali funzionano di più? La semplice collocazione del marchio, del prodotto o addirittura della stessa pubblicità all’interno del film e la citazione o l’utilizzo da parte del protagonista sono tra i più diffusi. Nessuno di questi è migliore in assoluto rispetto agli altri, poiché ognuno ha la sua storia e ognuno deve riuscire a integrarsi come può all’interno di uno specifico film. In “The Truman Show” (Peter Weir, Usa, 1998), gli attori interrompevano la vita di Truman Burbank con vere e proprie promozioni pubblicitarie di biscotti, cioccolato o birra. Un altro dei posizionamenti possibili è quello dell’apparizione del brand sotto forma di cartello. Considerata la sua semplicità, questo è stato il primo dei metodi utilizzati. Cartelloni, come abbiamo visto, sono apparsi sin dai tempi dei Lumière. Il più semplice è ovviamente quello del cartello situato sulla strada del protagonista mentre questo è costretto a passare. I cartelli hanno fatto la loro comparsa ovunque, sotto forma di manifesti pubblicitari, neon, insegne o negozi e anche i posizionamenti si sono fatti sempre più interessanti. Come per tutti i metodi l’importante non è semplicemente inserire un cartello, ma far sì che lo spettatore lo trovi interessante, che lo ricordi. Per far questo sono stati utilizzati praticamente tutti i mezzi: dalle gambe di Marilyn che facevano capolino dal cartellone della Ford in “Il magnifico scherzo” (Howard Hawks, Usa, 1952), alle dichiarazioni d’amore di John Leguziano in “A Wong Foo, grazie di tutto” (Beeban Kidron, Usa, 1994), all’ossessione provocata da un cartello pubblicitario di Fernet Branca in “Bella, ricca, lieve difetto fisico cerca anima gemella” (Nando Cicero, Italia, 1973) fino ai cartelloni digitali futuristici di “Minority Report” che chiamano il protagonista per nome. Un secondo metodo, molto utilizzato, è quello di parlare del prodotto in maniera più o meno esplicita, sia richiedendolo semplicemente, sia mettendo in risalto le sue caratteristiche, sia facendolo diventare protagonista della storia oppure citandolo in qualche battuta. Nel primo caso vengono compresi gli esempi classici: il protagonista richiede il prodotto (“L’aperitivo lo pago io …. Due Cynar!“, battuta di Vittorio Gassman verso Jean Louis Trintignant in “Il sorpasso”); oppure lo offre a uno dei protagonisti (“Vuoi un Jack Daniel’s?” come chiede Michael Douglas a Sharon Stone in “Basic Instinct”; ) o lo cita in una situazione qualunque (“Staresti benissimo con un Armani” come fa Mel Gibson in “What Women Want”). Questi sono ovviamente i casi base, i più facili da inserire (in ogni film un protagonista può aver bisogno di un oggetto o di bere qualcosa), i più immediati, ma anche (a parte casi particolari) i più scontati per lo spettatore. Far citare il prodotto da uno dei protagonisti, o esaltarne le caratteristiche, è stato un sistema utilizzato fin dal principio e raggiunse la massima diffusione con i film degli anni Settanta. Il suo impiego è arrivato a livelli tali che in “The Retum of the Killers Tomatoes” George Clooney sembra farne una parodia nella scena dell’inseguimento con la sua Honda 850 dove, prima di correre, ne spiega tutti gli aspetti tecnici. Nel corso degli anni questa tecnica ha subito una profonda evoluzione: le qualità dei prodotti vengono citate implicitamente nel discorso, come fa Catherine Zeta Jones in “Hunting, Presenze” laddove si vanta della sua classe dicendo che gli stivali di Prada devono essere comprati a Milano o a New York. O come succede in “Ronin” dove per l’operazione viene chiesta da De Niro a Jean Reno “un’auto veloce e che sappia resistere agli urti come l’Audi S8. Chris Tucker in “Colpo grosso al Drago Rosso” sottolinea la sensualità di Rosaline Sanchez citando a memoria la pagina del catalogo di Victoria’s Secret descrivendo la biancheria intima che indossa il personaggio. Un’altra idea che viene sfruttata è l’inserire il nome del prodotto all’interno di una battuta divertente o di citarne il marchio con un doppio senso o in una situazione già nota allo spettatore, come può essere uno slogan pubblicitario. A volte si arriva persino a non citare il prodotto o il marchio, ma a fare riferimento a situazioni/tormentoni testimonial presenti in campagne pubblicitarie. Questo tipo di posizionamento (che utilizza il cross media promotion) funziona naturalmente solo per determinati prodotti e nelle nazioni nelle quali è stato trasmesso il determinato spot di riferimento. Pur essendo molto efficace il product placement che sfrutta il cross media promotion, lo svantaggio principale consiste nell’essere vincolato a un certo periodo di tempo, legato al periodo di trasmissione della campagna pubblicitaria e al suo successivo periodo di ricordo. L’ultimo tipo di posizionamento è il più importante: far utilizzare il prodotto ai protagonisti. Il suo uso può essere canonico, come una birra bevuta o un’auto guidata, o improprio, come il cellulare SonyEricsson di James Bond che gli salva la vita o il camion della Carlsberg che dà “un passaggio all’Uomo Ragno” durante il suo primo inseguimento per le strade di New York. Vista la rilevanza di questo tecnica pubblicitaria, le agenzie specializzate incaricate dalle Aziende studiano i modi migliori per far presa sul pubblico cercando di intervenire, in quella misura che viene consentita, sulla trama in alcuni casi in stretta cooperazione con gli sceneggiatori. Per trovare i posizionamenti più efficaci, l’azienda deve considerare alcune variabili, a seconda del risultato che vuole ottenere. Come le Marche diventano protagoniste L’utilizzo di una marca o un di prodotto può raggiungere l’apice quando questi diventano protagonisti assoluti, indispensabili per l’attore principale o addirittura determinanti per l’intera trama. Questa pratica comincia all’incirca negli anni Sessanta come ad esempio con il film “Colazione da Tiffany”: la trama si sviluppa con la protagonista che passa tutte le mattine davanti all’omonima gioielleria in New York. In “Uno, due, tre” James Cagney è il direttore della filiale della Coca Cola in una brillante satira diretta da Wilder ed ambientata Berlino Ovest. Un prodotto di marca diventa addirittura culto e star incontrastata di alcune pellicole come succede in “Herbie, il maggiolino tutto matto” che viene considerata come la più importante campagna attuata da Volkswagen per promuovere la sua utilitaria. Le best practice si susseguono affinandosi nella loro tecnica fino ad importanti posizionamenti come Fedex in Cast Away o Mini Morris in “The Italian Job”. Far diventare una marca elemento centrale di un film è una delle cose più difficili e nello stesso tempo più entusiasmanti per una Azienda che vuole impiegare questa tecnica pubblicitaria. Il brand deve riuscire a far trasparire tutte le sue caratteristiche ma, contemporaneamente, deve entrare in sintonia con lo stile della storia per non “infastidire” lo spettatore. Il pubblico deve seguire la storia, accorgendosi del prodotto sponsor, essere cosciente che sia uno sponsor e rimanerne appagato e non infastidito. Tutto questo può essere ottenuto solo con la perfetta interazione fra Azienda/Marca, casa di produzione e consulenti di product placement, ciò presuppone che si evidenzino gli estremi per poter intervenire sulla sceneggiatura, che deve entrare in perfetta comunione con il prodotto che si vuole pubblicizzare. Negli Stati Uniti dove il product placement rappresenta una componente rilevante nel reperimento di fondi per una produzione di un film, le scuole di scrittura creativa addestrano gli sceneggiatori a “pensare creativamente“ anche in funzione di eventuali prodotti o servizi che potranno essere pubblicizzati, a prescindere dalla Azienda/Marca che vorrà aderire al progetto. I seguenti elementi, sono i fattori che vengono presi in considerazione per l’analisi di una operazione di product placement Successo del film Il successo di un prodotto cinematografico, audiovisivo o di un videogioco, non è mai calcolabile a priori. Per fare delle valutazioni è necessario basarsi su dei precedenti. Esso, inoltre, va calcolato non solo sul potenziale buon risultato di botteghino, ma anche sul potenziale esito raggiungibile in tutte le successive fasi di distribuzione. Un film dopo la distribuzione nelle sale, viene distribuito in dvd, poi in pay-per-view, fino ad essere replicato nel corso degli anni n-volte sulle reti generaliste. In maniera, paradossale, la pirateria e il circuito di scambio su Internet viene preso in considerazione dall’Azienda sponsor nel calcolo quantitativo delle persone che andranno in contatto con il prodotto che promuovono attraverso il loro contributo alla produzione. Corrispondenza tra il film e il target di riferimento Il primo scopo di un’azienda che si avvicina al product placement è quello di raggiungere quantomeno il proprio target e, quindi, posizionarsi in film destinati a raggiungere lo stesso pubblico/obiettivo. Un esempio classico è quello de “L’uomo che sussurrava ai cavalli” nel quale per alcuni secondi si vede il sito Equisearch.com attraverso il quale la protagonista contatta Robert Redford. I contatti dell’azienda salirono del 400% nel giro di pochissimo tempo. Un’azienda era riuscita a colpire il target degli appassionati di equitazione, che attraverso il film vennero a conoscenza del sito. Il risultato economico del film fu un successo in termini di biglietti venduti (quindi di spettatori), paradossalmente però, anche seil film fosse stato un fiasco e avesse attirato solo gli amanti di equitazione, Equisearch avrebbe ottenuto un risultato senza precedenti attuando il suo product placement. Caratterizzazione del brand rispetto al target Un’azienda può decidere di colpire anche target limitrofi o differenti da quelli abituali, apparendo in film a loro dedicati. È praticamente il discorso fatto precedentemente sulla Coca-Cola: qualunque film può essere adatto per posizionarla basta solo seguirne le regole. La biancheria intima di Victoria’s Secrets, ad esempio, si posiziona in film dedicati al suo target femminile facendo leva sul fatto di essere l’oggetto del desiderio di qualunque donna, ma si rivolge anche ai maschietti comparendo in film a loro dedicati, in cui vengono riprese bellissime modelle, che indossano quella biancheria. Visibilità della Marca La visibilità della Marca è uno dei parametri più discussi. La Marca deve essere visibile e riconoscibile, ma un’eccessiva esposizione non motivata potrebbe risultare dannosa. Bisogna anche in questo caso studiare caso per caso. Per meglio comprendere questo fattore, prendiamo in esame due film abbastanza recenti: Cast Away e Minority Report. In Cast Away la comparsa della marca Fedex entra in scena per moltissimo sia all’inizio che alla fine del film. Nel secondo la Guinness compare per meno di due secondi ma, essendo una scena spettacolare ad alto coinvolgimento emotivo, la sua visibilità è massima. Quando si analizza la visibilità bisogna tener presenti le seguenti variabili: brand identity e importanza del marchio, immagine visiva dei prodotto/marca, tipologia di posizionamento (apparizione, uso, citazione, comparazione), modalità di posizionamento (statico/dinamico, ripetuto/unico, con citazione/senza citazione), tempificazione del posizionamento (durata, momento di inserimento in sceneggiatura), grado di integrazione del posizionamento con la storia e i personaggi e, infine, la sua credibilità. Posizionamento del brand La visibilità del brand dipende ovviamente dai tipo di posizionamento utilizzato che può anche essere un semplice cartello, oppure l’utilizzazione del prodotto come oggetto di scena, il coinvolgimento della marca/prodotto nella storia, la citazione o il posizionamento di testimonial, ripresi ad esempio nella trasposizione in advertising utilizzando il cross media promotion. Per la scelta del posizionamento è molto importante che l’azienda stabilisca il suo livello di coinvolgimento nel film analizzando anche l’interazione tra prodotto, storia e protagonista. Interazione tra prodotto e storia Il product placement diventa tanto più importante quanto più interagisce con la storia. Come in “Uno, due, tre” di Billy Wilder dove James Cagney è il direttore della Coca-Cola Germania e risolve tutti i suoi problemi che ha con la figlia che si innamora di un “comunista ortodosso” tedesco della Germania est e che riesce a convertire al “capitalismo” con l’aiuto della famosa bibita. Interazione tra prodotto e protagonista I prodotto può semplicemente essere utile al protagonista senza per questo influenzare le vicende della storia, oppure diventare parte integrante della narrazione. Si va dai classici prodotti utilizzati nei film come oggetti di scena a pellicole come “Parla con lei” di Pedro Almodòvar, nel quale il protagonista lavora per il quotidiano EI Pais. Il quotidiano spagnolo, pur essendo ricordato più volte, è ininfluente ai fini del racconto. In Cast Away, invece, le genialità degli sceneggiatori del film (che si sono ispirati, adattandola, alla storia di Robinson Crusuoè) consacra un prodotto oggetto di una attività di product placement a coprotagonista di un film. L’amico di Robinson Crusoe, Venerdì, viene sostituito con Wilson, (un pallone appunto prodotto dalla Wilson produttore di articoli sportivi), con cui Tom Hanks recita lunghi monologhi per buona parte del film. Analogie prodotto-protagonista Le analogie prodotto-protagonista sono quelle che maggiormente fanno avvicinare il product placement alla publicity. L’esempio classico riportato in letteratura è 007,James Bond, ma qualunque personaggio può costituire un buon testimonial, l’importante è la sua credibilità agli occhi del pubblico e le analogie con il prodotto. La marca interagisce con il personaggio definendo le sue caratteristiche e a sua volta il personaggio le trasferisce sul prodotto Coinvolgimento emotivo dello spettatore Come visto il principale vantaggio del product placement rispetto ad altri strumenti di comunicazione promozionale è quello di giocare sull’attenzione attiva dello spettatore. Un’Azienda può, pertanto, posizionare un prodotto cercando di coinvolgere emotivamente lo spettatore. La scena in cui Wilson viene portato via dalle onde è sicuramente la più commovente di Cast Away, nella quale lo spettatore si commuove per un pallone da pallavolo. L’aver fatto diventare una marca il migliore amico del protagonista di un film è stata una delle operazioni di product placement che farà scuola. Sono in fase di sperimentazione attività di product placement in grado di incrementare il coinvolgimento emotivo dello spettatore allo scopo di rafforzare l’attenzione attiva dello spettatore. Alcune di queste sperimentazioni, ad esempio, tendono a coniugare diversi aspetti della comunicazione di marketing, come il cosiddetto “marketing tribale [3]” e il “marketing virale [4]”. Rafforzamento immagine-prodotto L’ultimo parametro riguarda il rafforzamento dell’immagine del prodotto. L’Azienda può decidere di apparire al meglio associando un suo prodotto a un determinato stile di vita oppure facendo compiere ai suoi prodotti prestazioni eccezionali. Come può succedere di solito con le automobili di James Bond (in uno degli ultimi film, per la prima volta, anche con quelle del suo nemico, dal momento che Aston Martin e Jaguar sono entrambe marche della Ford), sia rafforzando una sua particolare caratteristica. O come traspare ancora una volta in Cast Away, in cui l’appartenenza e la sua fedeltà ai gruppo Fedex da parte di Tom Hanks, e di conseguenza l’affidabilità dell’azienda, viene dimostrata dal fatto che, nonostante tutte le sue disavventure, il naufrago sopravvive per portare a termine la consegna del pacco che gli era stato affidato. Sintesi In linea generale, si parla di product placement tutte le volte che un prodotto o un brand appare all’interno di una qualche forma di spettacolo ed è legato allo sviluppo della sua trama o della sceneggiatura. Risultano pertanto esclusi gli inserimenti pubblicitari, le promozioni, le sponsorizzazioni, ecc. Le modalità di inserimento sono sostanzialmente tre:
Il prodotto può essere rappresentato visivamente (screen) in primo piano, pienamente visibile dallo spettatore e in tal caso garantisce la massima esposizione della marca. Oppure può essere inserito sullo sfondo, sia in interni che in esterni, come parte della scenografia. Nel secondo caso è evidente che è più difficile riconoscere il prodotto, ma a ciò si ovvia in genere con l’elevata frequenza o con la lunghezza del periodo di esposizione. Inoltre, nell’ambito dell’intero programma, è possibile combinare diverse modalità di inserimento, per ottenere effetti più o meno intensi sullo spettatore. La seconda dimensione dell’inserimento è quella verbale (script): meno frequente e meno evidente di quella visiva, la modalità verbale consiste nel far parlare del prodotto dai personaggi del programma o del film. Anche in questa modalità sono possibili diversi livelli di esposizione: il prodotto può essere l’oggetto di una discussione tra i protagonisti o uno scampolo casuale di conversazione tra due passanti o, ancora, un break pubblicitario di una trasmissione radiofonica inserita nella scena. Anche in questo caso sono possibili ripetizioni per aumentare il livello di esposizione. Gli inserimenti puramente verbali sono relativamente rari; più spesso sono associati a un’inquadratura del prodotto per aumentarne l’efficacia. L’inserimento integrato consiste nel costruire la sceneggiatura (il plot) in modo tale da attribuire al prodotto un ruolo sostanziale nello sviluppo della storia. L’inserimento dei prodotti nei film risponde a obiettivi e logiche di due distinte categorie di soggetti: i produttori e gli inserzionisti. Dal punto di vista della produzione cinematografica, è necessario considerare anzitutto l’aspetto economico-finanziario: attraverso i contratti di product placement è possibile finanziare la produzione e, al contempo, anticipare flussi di entrate che altrimenti si manifesterebbero solo momento dell’uscita del film. Inoltre, i contratti di product placement prevedono speciali clausole relative alla promozione del film e del prodotto: l’inserzionista, in occasione dell’uscita del film, realizza campagne di comunicazione sul proprio prodotto che richiamano direttamente il film e i suoi personaggi. Al di là dell’aspetto economico, in questi casi si realizza un’efficace sinergia tra modalità e canali di comunicazione diversi. Teoricamente parlando, l’inserimento dei prodotti nei film può avere effetti positivi su notorietà e atteggiamento in relazione ai seguenti elementi:
Quanto più tali esperienze sono risultate piacevoli, tanto più lo sarà quella di utilizzo del prodotto. I vantaggi e i limiti del Product Placement Qui di seguito vengono sintetizzati i vantaggi e i limiti del Product Placement Vantaggi
(i limiti qui sotto esposti si rifanno ad esperienze per lo più osservate per attività di PP inserite in feature film distribuiti nelle sale cinematografiche)
Con riguardo ai tempi ed ai modi di fruizione del prodotto cinematografico, bisogna ricordare come il successo e la diffusione di una pellicola siano tipicamente non programmabili a priori. In tal senso, accanto a film ad elevata diffusione e notorietà a livello nazionale ed internazionale, si affiancano pellicole di scarso successo. Anche noti registi e attori, sostenuti spesso da consistenti investimenti pubblicitari, possono dare vita a film poco apprezzati, per i quali la vita utile si limita al passaggio per poche serate in un ridotto numero di sale cinematografiche. Il ‘placement’, associandosi ai film, ne ‘subisce’ in tal modo il successo o l’insuccesso. Nel primo caso, può quindi trovare diffusione a livello nazionale ed internazionale oltre che sui circuiti televisivi e di home video, talvolta anche con opportunità di ripetizione della visione da parte dei medesimi soggetti. Nel secondo caso, quando invece il film è un insuccesso, anche il ‘placement’ che vi trova spazio resta esposto alla visione di pochi ‘pionieri’ e difficilmente accede ad ulteriori canali di diffusione.
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Luglio 2015
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